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Tim, al via la stagione Conti-Genish con l’incognita «golden…

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Tim, al via la stagione Conti-Genish con l’incognita «golden power»

(Afp)
(Afp)

Fulvio Conti presidente indipendente e Amos Genish ceo con tutte le deleghe tranne quelle su sicurezza e Sparkle che non può avere perché straniero. Tutto come previsto - e con decisione unanime - al vertice di Telecom Italia, col nuovo board composto per due terzi da amministratori italiani e indipendenti tratti dalla lista Elliott con l’appoggio del mercato. Rinviata invece (a un cda che potrebbe tenersi anche prima di quello in agenda il 16 per la trimestrale) la costituzione dei comitati consiliari, e rimasta in sospeso la definizione delle deleghe sulla sicurezza in attesa di capire se i vincoli del golden power saranno, almeno parzialmente, rimossi.

Il primo decreto della Presidenza del Consiglio, relativo a difesa e sicurezza nazionale, imponeva la presenza di un consigliere delegato alla sicurezza in ciascuno dei cda di Sparkle, Telsy e Telecom, in quanto detentrice della rete. Dunque, in attesa della «definizione di un assetto finale della materia», che dovrà essere discusso col comitato golden power, il responsabile interno della funzione security, Stefano Grassi, è stato nominato temporaneamente delegato alla sicurezza «per la gestione di tutti gli asset e le attività di Tim strategici rispetto alla sicurezza e alla difesa nazionale o in relazione ai quali siano comunque richiesti il nulla osta sicurezza e la cittadinanza italiana».

Nel week-end si erano diffuse voci secondo cui Conti si sarebbe recato a Palazzo Chigi per discutere del tema o incontrare informalmente il premier Paolo Gentiloni. Fonti aziendali però hanno smentito, mentre Palazzo Chigi - come riferito dall’Ansa - ha fatto sapere che non erano in agenda incontri col comitato golden power e componenti del cda Tim. In ogni caso, sia il nuovo board, sia Vivendi sono intenzionati a chiedere la rimozione dei vincoli del golden power. La questione però è delicata. Il decreto può essere cambiato solo dalla Presidenza del Consiglio, ma l’attuale Governo è in scadenza e il quadro politico tuttora incerto. Inoltre, se il mercato è riuscito a coagulare una maggioranza in assemblea - sotto la spinta attivista del fondo Elliott -, l’assetto della compagnia telefonica non può certo considerarsi né definitivo, nè stabile. Con il primo azionista a un soffio dalla soglia Opa - che per ora si accontenta di sostenere il suo ad e di vigilare affinchè il piano sia attuato nella sua interezza e coerenza, come ribadito anche ieri - un ribaltamento della maggioranza assembleare è sempre possibile. Così come è possibile che, dovessero cadere i vincoli del golden power, Vivendi possa considerare offerte per realizzare a premio.

Quanto a Elliott, il suo ruolo “attivista” può considerarsi sostanzialmente esaurito con l’insediamento di un cda più indipendente. La quota del fondo in Telecom è già stata ridimensionata dal 9,2% col quale ha partecipato all’assemblea del 24 aprile, all’8,3% del 4 maggio perchè alcune controparti hanno richiamato i titoli. Ma potrebbe scendere ancora nella prima metà dell’anno prossimo, secondo le condizioni del collar stipulato con JP Morgan per proteggere in parte la propria posizione. I dettagli dei derivati sono contenuti nelle comunicazioni alla Sec del 9 aprile scorso - quando il fondo Usa deteneva complessivamente l’8,8% del capitale ordinario: il 2,8% (430,4 milioni di azioni) con diritto di voto in esclusiva e il 6% (914,68 milioni di titoli) con diritto di voto e dispositivo condiviso. Analogo il prezzo di carico, intorno a 89,2 centesimi di dollaro per azione, pari a circa 75 centesimi di euro al cambio attuale. Il collar con JP Morgan è una combinazione di opzioni put&call all’europea - cioè a scadenze predefinite e comprese tra il 5 febbraio e il 6 giugno 2019 - che riguarda un pacchetto complessivo del 4,9%: 240 milioni di azioni al prezzo di esercizio di 0,89586 euro e 510 milioni a 0,81054 euro. Se cioè, nel periodo considerato, le quotazioni di Borsa scendessero sotto 81 centesimi o salissero sopra 89 centesimi parte dei titoli andrebbero alla controparte finanziaria. Elliott ha anche 169,5 milioni di azioni di risparmio, pari al 2,8% del capitale della categoria.

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