Resta ai massimi la tensione sui titoli di Stato italiani. Le incertezze sul profilo del nuovo governo in tema di rapporto con l’Europa continuano a spingere gli investitori a vendere BTp i cui rendimenti sono in netto rialzo. Un’ondata di vendite che ha fatto ampliare rapidamente il differenziale di rendimento tra i nostri BTp e i Bund tedeschi (qui il grafico).
Lo spread Italia-Germania è il primo termometro del rischio Paese ad essere monitorato ma non il solo. Nel valutare il premio di rischio infatti gli investitori non si limitano a fare il confronto con il Paese più virtuoso: la Germania, ma in genere ampliano il campo a Paesi che, per condizioni dell’economia e merito di credito, sono più simili a noi come Spagna e Portogallo. Un confronto, quello con gli altri Paesi periferici, che ci vede nettamente sfavoriti.
Se è vero infatti che c’è stato un minimo effetto contagio dall’Italia che si è tradotto in un aumento di rendimenti e spread dei Paesi della penisola iberica le vendite non sono state paragonabili a quelle registrate da BoT e BTp. Morale: il premio di rischio si è ampliato anche nel confronto con questi due Paesi. A partire dalla Spagna da cui, prima del crollo di Borsa della mattinata, ci separa ormai un punto percentuale di rendimento sulla scadenza a 10 anni. Lo spread tra Bonos e BTp ha superato la soglia dei 100 punti base come non accadeva da luglio. E questo nonostante neppure in Spagna la situazione politica sia tanto stabile visto il rischio di sfiducia che corre il governo Rajoy per via dei guai giudiziari del suo partito.
Il confronto ci vede perdenti anche rispetto a un Paese sulla carta più debole di noi come il Portogallo che ha un rating più basso dell’Italia (S&P gli assegna BBB- contro un BBB dell’Italia). Nonostante sia stato costretto in passato a richiedere l’intervento di Unione europea e Fmi per salvarsi dalla bancarotta oggi il mercato lo considera meno rischioso dell’Italia: i suoi rendimenti, storicamente più alti rispetto ai BTp, sono più bassi di oltre mezzo punto percentuale sulla scadenza a 10 anni.
Per dare un’idea del danno che ha fatto la speculazione finanziaria di questi giorni poi è utile fare un confronto non solo sulle scadenze a 10 anni ma anche su quelle più brevi. Anche se in questi giorni l’attenzione era tutta sullo spread Bund-BTp a 10 anni i movimenti più violenti si sono visti sulla parte breve della curva dei rendimenti. Il tasso dei BTp a due anni per esempio, che fino a dieci giorni fa era negativo oggi viaggia oltre lo 0,3% come non accadeva da luglio 2015.
Le tensioni sul rischio Italia continuano ad essere più intense sui #BTp a breve scadenza. Il tasso a 2 anni vola a… https://twitter.com/i/web/status/999945636459044865
– Andrea Franceschi(franceschi_and)
Oggi la Spagna si rifinanzia sui mercati a tassi negativi fino alla scadenza di tre anni. In altre parole guadagna indebitandosi a questa scadenza perché invece di erogare interessi ai sottoscrittori dei suoi bond incassa una commissioni (i tassi negativi appunto). A noi questo beneficio, frutto indiretto della politica di acquisti di titoli della Bce, è garantito solo fino alla scadenza di un anno
Il costo di rifinanziamento su tutte le scadenze del debito italiano a confronto con quello della #Spagna #spread
– Andrea Franceschi(franceschi_and)
A far salire lo spread è lo spettro dell'uscita del Paese dall'euro. Un rischio considerato remoto fino a una settimana e mezza fa e tornato a scuotere i mercati dopo l'inserimento, nella prima bozza di contratto di governo tra Lega e 5stelle, di proposte estreme come la cancellazione del debito da parte della Bce o un percorso di uscita dalla moneta unica.
Anche se queste idee sono state accantonate il solo fatto di metterle nero su bianco ha costituito un precedente. Perché per la prima volta due partiti che si apprestano a governare un Paese fondatore dell'euro hanno messo nero su bianco di essere pronti a violare il tabù della sua irreversibilità. Una certezza che il presidente della Bce Mario Draghi, con il suo famoso “whatever it takes” del 2012, aveva contribuito a rinsaldare e che ora torna ad essere messa in discussione.
Il contratto di governo sembra delineare una strategia di conflitto diretto con le autorità comunitarie sul tema dei conti pubblici finalizzato alla ridiscussione dei trattati europei. Un obiettivo che si punterebbe a raggiungere anche con l'arma estrema della minaccia dell'uscita dall'euro come hanno scritto su Il Sole 24 Ore Giampaolo Galli e Lorenzo Codogno. Questo è lo scenario estremo con cui, a leggere i report delle banche d'affari usciti in questi giorni, gli investitori stanno iniziando a fare i conti. Se questo fosse veramente l'obiettivo del nascente governo la speculazione di questi giorni rischia di essere solo un assaggio di un attacco ben più pesante.
© Riproduzione riservata