Riecco la pressione in vendita sui BTp, quella stessa che si è rivista in grande stile all’inizio della scorsa settimana e che a molti ha riportato alla mente i giorni difficili dell’autunno 2011. Con una significativa differenza, però: stavolta la penalizzazione nei confronti dei titoli di Stato italiani non si è accompagnata ai classici movimenti di fuga dal rischio e gli investitori non sono andati a premiare i canonici «beni rifugio». Ieri sul mercato ci si è infatti liberati anche dei Bund tedeschi e delle altre obbligazioni sovrane europee, persino dei Treasury statunitensi.
Il motivo è in fondo piuttosto semplice e attiene alle attese sulle mosse delle Banche centrali, Bce in primis. L’idea che già nella prossima riunione che si terrà fra una settimana esatta a Riga in Lettonia il Consiglio possa prendere una decisione sul piano di riacquisti in scadenza a fine settembre, decretandone il termine, ha infatti guidato le vendite in tutta l’Eurozona. Così, se si vanno a confrontare i rendimenti su base decennale si notano rialzi sui BTp (+14 centesimi), ma anche incrementi a doppia cifra per Bund, OaT francesi e Bonos spagnoli.
Dove la differenza si fa molto più marcata, e dove si sono fatte sentire tutte le incertezze legate ai temi politici italiani, è sulle durate più brevi. Fra i 2 e i 5 anni, per esempio, l’aumento dei tassi italiani ha superato i 30 centesimi, mentre negli altri Paesi ci si è limitati a qualche punto in più. È soprattutto sui titoli a scadenza più ravvicinata che lo spread misura la febbre al nostro Paese.
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