Da inizio anno l’euro è in “rosso” nei confronti di tutte le altre valute big: circa 3 punti percentuali sul dollaro, 1,5% su franco svizzero, quasi un punto percentuale sulla sterlina e il 5,5% nei confronti dello yen giapponese. Nelle ultime ore sta rimbalzando sul biglietto verde con il cambio che si è riportato a quota 1,17 dopo aver toccato la scorsa settimana quota 1,15, cosa che non accadeva dall’estate scorsa. Tuttavia dietro questo ultimo slancio c’è più la debolezza del biglietto verde che non la ritrovata verve dell’euro.
Gli investitori infatti, nel breve periodo, sono preoccupati degli effetti che un’escalation dei dazi commerciali potrebbe avere sull’economia statunitense e di conseguenza stanno alleggerendo la posizione in dollari in attesa di schiarite su questo fronte. Nel mirino dei dazi, dopo l’acciaio, sarebbe finito anche il settore tecnologico. Secondo il Wall Street Journal alle aziende cinesi sarà impedito l'investimento nelle aziende high tech statunitensi mentre queste ultime non potranno esportare la loro tecnologia in Cina.
Di questo passo non è da escludere che il cambio euro/dollaro continui a salire ancora un po’ perché a detta degli esperti in questo momento la banda di oscillazione è compresa tra 1,12 e e 1,2. Il cambio varia in base a quale/i dei market mover in grado di orientarlo vanno per la maggiore.
Il tema dazi in questa fase risulta un fattore depotenziante per il dollaro. Mentre la politica monetaria della Bce - che ha rimandato a dopo l’estate 2019 la prossima stretta - è il fattore più forte che spinge l’euro al ribasso. Il tutto poi dipende dall’andamento economico.
Su questo fronte non stanno arrivando notizie incoraggianti. In Germania, l’economia più forte dell’Eurozona, ha destato preoccupazione l'andamento dell'indice tedesco Ifo, quello che misura la fiducia delle imprese, che a giugno è sceso a 101,8 punti dai 102,3 di maggio. Per altro negli ultimi sette mesi, l'Ifo ha registrato ben sei ribassi.
Il rallentamento della crescita è un altro fattore che penalizza l’euro. E che è collegato direttamente ad aspettative di inflazione e di conseguenza alla politica monetaria. In questo momento i mercati scontano al 65% delle possibilità un rialzo del tasso sui depositi da parte della Bce a settembre 2019. Ma solo sei dai prossimi dati macro non arriveranno altre delusioni. Altrimenti la spinta ribassista sull’euro potrebbe essere più forte di quella attuale. E la Bce potrebbe prolungare ulteriormente la politica espansiva.
Ovviamente, ogni cambio è un “gioco a due”. Va valutato rispetto all’andamento economico dell’altra valuta. Colpisce però che da inizio anno l’euro stia perdendo contro tutte le valute big, persino contro la “sterlina della Brexit”.
La frenata della crescita e la politica monetaria più accomodante del previsto da parte della Bce spiegano questo andamento, confermato dal presidente della Banca d’Austria, nonché membro del board della Bce Ewald Nowotny: «Stiamo assistendo a un significativo indebolimento del tasso di cambio rispetto al dollaro. Questo certamente influenza la politica dei tassi di interesse».
Il balletto quotidiano dell’euro, tra dazi, dati macro e scelte di politica monetaria, proseguirà nei prossimi mesi. La nuova direzione del cambio dipenderà da quale di queste forze prevarrà.
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