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Brexit, giochi ancora aperti sul mercato

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Brexit, giochi ancora aperti sul mercato

Bmw minaccia di chiudere i suoi stabilimenti in Gran Bretagna. Airbus è pronta a rivedere i suoi investimenti in Uk, Bank of America avvia lo spostamento del trading da Londra a Parigi, mentre Ferrovial, il gestore dell'aeroporto di Heathrow, ha deciso di trasferire la sede in Olanda. Sono solo alcune delle dichiarazioni arrivate in queste ultime ore dalle grandi aziende internazionali preoccupate da Brexit. L'uscita del Regno Unito dalla Ue è fissata per il prossimo 29 marzo. Gli operatori del mercato stanno cercando di capire se e quanto sarà “soft” il percorso. Il clima politico è però ancora incerto. Il Consiglio europeo ha appena rinnovato il suo appello agli Stati membri, alle istituzioni dell'Unione e a tutti gli stakeholder a rafforzare il loro lavoro di preparazione a tutti i livelli e per tutti i risultati, compreso lo scenario di un non accordo.

Sempre più grandi aziende internazionali stanno in queste ore decidendo se restare o meno in Inghilterra. Ubs sottolinea che le imprese pronte a ridurre gli investimenti a causa di Brexit sono diminuite ma chi lo farà avvierà le procedure molto più rapidamente del previsto. Su questo stesso punto State Street Corporation ha creato un indice trimestrale, il Brexometer, sul sentiment degli investitori istituzionali rispetto a Brexit: oggi l'indicatore che rappresenta chi intende ridurre i propri investimenti nel Regno Unito è al minimo storico, attestandosi al 14% (un calo del 10% rispetto alla percentuale massima raggiunta).

Michael Metcalfe, responsabile Global Macro Strategy di State Street ricorda che se da un lato il governo May è riuscito a prevalere sull’opposizione, facendo approvare l’uscita del paese dall’Unione, dall’altro non è stato in grado di definire con precisione come verranno impostati i rapporti con l’Unione Europea al termine del processo. In questo scenario più di un terzo (34%) degli investitori istituzionali ritiene che i grandi fondi diminuiranno il proprio rischio di investimento nei prossimi tre-cinque anni.

Ma tra gli operatori c’è anche chi vede sul listino Uk opportunità d’investimento. Richard Colwell, Head of UK Equities di Columbia Threadneedle Investments ricorda che il mercato azionario britannico è il terzo maggiore al mondo e che vi operano molte multinazionali, non solo quindi aziende britanniche. Oltre il 70% del fatturato delle società incluse nell’indice Ftse 100 proviene da altri Paesi. Secondo Colwell questi titoli scambiano a sconto rispetto ai loro omologhi europei e statunitensi, il che offre alle azioni britanniche un cuscinetto in grado di proteggerle contro gran parte delle flessioni anticipate.

Dal referendum di giugno 2016 uno degli aspetti più significativi di Brexit è stato la svalutazione della sterlina. Secondo Alessandro Allegri di Ambrosetti Sim questa debolezza ha aiutato solo in parte l’export inglese ma ha anche penalizzato i consumi interni e la middle class ne ha risentito di più.

In questi due anni sul versante finanziario si è vista molta più cautela in generale sugli investimenti in equity e in bond inglesi. In 24 mesi la sterlina ha subìto una svalutazione di circa il 15% ma se guardiamo la Borsa di Londra, senza l’effetto cambio, notiamo che ha guadagnato circa il 19%, ben oltre di quanto guadagnato dai listini in euro. Oggi gli operatori preferiscono stare alla finestra e guardare cosa faranno le grandi aziende presenti nel Regno Unito. Airbus e Bmw impiegano insieme 20mila persone nel Paese e hanno un indotto di 150 mila addetti. Se tutte le aziende che fino ad oggi hanno dichiarato di voler uscire dal Regno Unito dovessero passare dalle minacce ai fatti ci sarebbero ripercussioni significative. In molti casi la scelta finale dipenderà da come avverrà Brexit. Tutti si augurano si vada verso una versione soft dell’uscita ma intanto c’è chi come Ryanair ha già anticipato gli scenari più negativi, decidendo di limitare, in caso di “hard” Brexit, i diritti di voto delle azioni detenute dai soci inglesi e dai non europei.

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