«Non intendo rimanere alla guida di Banca Carige a tutti i costi. Resterò se ci saranno le condizioni per portare avanti il piano di rilancio concordato con la Vigilanza di Bce, che punta a un’aggregazione in tempi ragionevoli con un altra banca. Ma la mia permanenza dipenderà anche dalla compagine azionaria. Non so se qualcuno intende presentarmi nella lista dei prossimi amministratori, ma non mi sembra questa oggi la priorità della banca. Con Malacalza? È finito un ciclo che ci ha visti per quasi un anno sullo stesso fronte».
L’ad di Carige Paolo Fiorentino rompe il silenzio dopo settimane di polemiche.
Cominciamo dalle vicende degli ultimi giorni. Dimettendosi, il presidente Tesauro ha invocato una sorta di questione morale in Carige dopo l'intercettazione da cui risultava che Parnasi le aveva chiesto di concedere una consulenza a Lanzalone, vicino ai 5Stelle. Come risponde?
Ho già dato mandato ai miei legali di procedere nei confronti del Professor Tesauro e di chiunque dovesse risultare responsabile della diffusione di notizie diffamatorie. Come sanno tutti gli addetti ai lavori, conosco Parnasi dai tempi di UniCredit, quando abbiamo ristrutturato il debito delle sue società ereditato da Capitalia. I rapporti tra Parnasi e Carige sono zero come esposizione creditizia sia verso di lui sia verso società controllata o collegata a Parnasi. Il resto sono chiacchiere, così come nessuna consulenza è stata data a Lanzalone.
Dall’inchiesta risulta però che Lanzalone lei poi lo ha davvero incontrato a pranzo. Conferma?
Lo confermo. Era il presidente di Acea , una delle principali utility italiane. Preciso però che l'incontro non emerge da nessuna inchiesta. Se quel pranzo è diventato di dominio pubblico, è perché io ho informato Malacalza di quell’incontro spiegando che si trattava di un personaggio emergente nel quadro politico italiano. Non l’ho certo magnificato né come manager né come avvocato, come avrei potuto non conoscendolo? Non comprendo poi come mai la mia osservazione , per altro mal riferita ai media, sia diventata di pubblico dominio. Si trattava di una confidenza personale al mio vice presidente.
Ma a Lanzalone ha poi concesso la consulenza?
Né consulenze a Lanzalone , né linee di credito a Parnasi. Zero.
Come spiega allora le dimissioni di quattro consiglieri di Carige, che contestano anche una sua eccessiva “velocità” nella cessione di alcuni di asset a partire dal 20 % dell'Autostrada dei Fiori?
L’ipotesi di cessione di Autostrada dei Fiori è stata discussa cinque volte dal cda e non è mai stata deliberata. Si tratta peraltro di una partecipazione non strategica che, unitamente agli Npl, fa parte di un piano concordato con Bce e approvato dal consiglio di amministrazione per il rilancio di una banca che non è ancora uscita dalla crisi. Aggiungo che oltre il 70% di Autostrada dei Fiori è del gruppo Gavio e che le cessioni delle quote sono regolate da precisi e vincolanti patti parasociali. Evidente che i compratori possibili della nostra quota non sono tanti. Per quanto riguarda le dimissioni di Malacalza, nelle quali richiama la mia battuta sulla sua supplenza del presidente, ho più volte riletto le mie affermazioni dove faccio riferimento a una anomalia non patologica; intendevo evidentemente dire, e lo confermo, che la sua Presidenza ad interim non era un problema.
Altro tema contestato dai dimissionari: la mancata riduzione dei costi e le difficoltà a emettere un bond. Cosa risponde?
Mi lasci fare una premessa vorrei ricordare , cosa non chiara a tutti, che l’aumento di capitale ha avuto un buon esito a valle di una drammatica notte di cui io ho un ricordo molto nitido, in cui la banca ha rischiato grosso. Otto mesi fa, quando l’aumento di capitale è stato in bilico, la banca ha sfiorato una vera e propria crisi di liquidità. Ora la situazione è tornata alla normalità con il contributo di tutti. Ma non va dimenticato, per tornare alla sua domanda sul cost/income, che la banca è passata dai 715 milioni di ricavi del 2015 ai poco più di 500 milioni del 2017, a fronte del derisking sul bilancio della banca e una limitata disponibilità di capitale per la crescita. Con questa dinamica dei ricavi, e non serve avere esperienza di banca per capirlo, il cost/income difficilmente può migliorare. Un rapporto è composto da due numeri, e per quanto possa essere positivo il numero che esprime la riduzione dei costi (Carige è best in class) conta anche il denominatore. Quanto al bond, l’emissione, necessaria, verrà lanciata non appena sul mercato ci saranno condizioni favorevoli anche ad emittenti con il nostro rating.
Nei fatti siete commissariati
da Bce?
Carige non è commissariata e mi auguro che non lo sia mai. Ma bisogna che tutti si rendano conto che una banca in fase di turnaround ha bisogno di un periodo di stabilità gestionale. Se ogni volta che scatta il segnale di fine emergenza si torna alle logiche padronali, dimenticando che si tratta di soggetto vigilato, la banca rischia di passare da un’emergenza all’altra. È evidente che Bce monitori con molta attenzione le recenti evoluzioni della governance, che è uno degli elementi su cui si basa la valutazione Srep.
Carige può ancora farcela?
Superato con successo l’aumento di capitale e essendo positivamente ripartita la macchina commerciale, come dimostrato dai conti trimestrali, stavamo diventando un esempio positivo di come una banca italiana in crisi possa rilanciarsi da sola. Con amarezza devo constatare che il ritorno a questo genere di contrapposizioni non costruttive rischia di bruciare buona parte del goodwill che ci eravamo riconquistati con clienti e dipendenti. Resto convinto che Carige possa farcela, ma bisogna essere consapevoli che il percorso che la banca ha davanti non è un’autostrada, mi passi il termine, ma un sentiero stretto che coincide con i piani concordati con la Vigilanza Bce. Sarà necessario tenerlo in conto per la futura gestione
Vuol dire che potrebbe non essere più lei, dopo la probabile assemblea di settembre per il nuovo cda, a gestire Carige? Si profila uno scontro all’ultimo voto tra la lista Malacalza e la lista Mincione...
Il futuro è nelle mani degli azionisti. Per quanto mi riguarda, dipende dai compagni di viaggio e dalla possibilità di aprire un ciclo davvero nuovo. Darò la mia disponibilità ad essere della partita, se qualcuno mi vorrà candidare, per completare l’agenda concordata con Bce che ha come naturale sbocco un’aggregazione che - se ben negoziata e facendo valere i punti di forza che la banca ha tuttora -non annienterà Carige ma potrà conservare il radicamento territoriale, il marchio, la base di clientela e il livello occupazionale.
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