L’economia degli Usa è in espansione da nove anni di fila e, a dispetto della statistica (le fasi di crescita generalmente durano otto anni) punta dritto al decimo anno. Nelle ultime ore sono arrivati due dati che marciano in questa direzione. Il “super indice”, la rilevazione che anticipa di tre-sei mesi la direzione dell'economia, a giugno è salito più del previsto (+0,5% rispetto a stime a +0,4%) dopo che a maggio era rimasto fermo.
Altro dato fortissimo dal mercato del lavoro. La scorsa settimana le richieste di sussidi di disoccupazione sono scese di 8mila unità, a quota 207mila. Gli esperti se ne aspettavano 220mila. Un dato così basso non si vedeva dal 1969.
Questi numeri - uniti a un tasso di disoccupazione al 4% e alle proiezioni di crescita del Pil del 2018 del 3% - si intonano con le recenti rassicuraizoni del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, sulla capacità dell’economia di andare avanti: «Con una politica monetaria appropriata, il mercato del lavoro resterà solido e l'inflazione rimarrà vicino al 2% per svariati anni».
«A quanto pare la recessione non dovrebbe essere proprio così imminente. Se il fronte dazi dovesse calmarsi, probabilmente una recessione potrebbe esserci dopo il 2022», spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig.
Se ci si affida alle statistiche e a come ha girato il mondo prima della nuova era dei tassi bassi (ribattezzata “new normal”) dai mercati finanziari arrivano due indizi che potrebbero costituire la prova di una recessione non lontana. Il primo riguarda il debito delle società non finanziarie che ha superato la “soglia critica” (perché ha innescato tanto nel 2001 quanto nel 2009 la caduta del Pil) del 44% del Prodotto interno lordo.
L’altro indizio arriva dall’appiattimento della curva dei rendimenti. La distanza tra i Treasury a 10 anni (2,85%) e a 2 anni (2,6%) è bassissima (25 punti base). Non siamo lontani quindi da uno scenario da inversione della curva dei rendimenti.
«In passato un'inversione della curva ha quasi sempre portato a una recessione. In media dopo 13 mesi dall'inversione l'economia Usa è finita in recessione (anni 1978-1980-1988-1998-2006, ndr), anche se i mercati hanno proseguito la corsa - continua Longo -. Addirittura l'S&P500 dall'inversione della curva alla recessione ha fatto in media una performance del 22%».
Ma le statistiche nell’era del “new normal” (dal 2009 le banche centrali principali hanno pompato liquidità per circa 20mila miliardi di dollari portando i tassi, come tutt’oggi la Bce, anche sottozero) potrebbero perdere parte della forza indicativa.
«Questa volta potrebbe essere diverso, semplicemente per il fatto che le Banche centrali con le loro misure senza precedenti (tassi in negativo e ampia liquidità) hanno distorto il mercato - prosegue l’esperto -. L'appiattimento della curva potrebbe essere distorto dal fatto che la Fed è l'unica banca centrale al momento ad alzare i tassi e questo porta molti operatori a chiedere Treasury a lunga scadenza, contribuendo a tenere i tassi un po' più bassi su questa parte della curva. Anche gli americani stessi, iniziano a guardare con più interesse ai Treasury semplicemente per la folle corsa dell'azionario».
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