«Sul mercato abbiamo un obiettivo: quello di diventare il primo operatore convergente. Quindi aggiungere al nostro vantaggio sulla fibra anche quello sul mobile, grazie alla migliore tecnologia disponibile». Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb, commenta così al Sole 24 Ore l’operazione da 150 milioni di euro, annunciata ieri, fra la controllata di Swisscom (Natixis come financial advisor) e Tiscali (assistita da Mediobanca). Non è un matrimonio, di cui peraltro si era tornato a vociferare. Ma ci si avvicina molto e segue una partnership avviata nel 2016 con la cessione a Fastweb del ramo d’azienda Tiscali Business. «È un’operazione vantaggiosa per entrambi. Tiscali – dice Calcagno – potrà continuare a offrire i suoi servizi con una struttura infrastructure light. Dal canto nostro avremo asset che ci permetteranno di avere un vantaggio competitivo sul 5G di almeno 24 mesi».
La chiave del ragionamento del 45enne ceo di Fastweb punta dritta lì: sul nuovo standard sul quale Governi e telco sono al lavoro per farsi trovare pronti all’appuntamento del 2020. Sarà allora che inizieranno a diventare realtà servizi innovativi che vanno dalle auto senza guidatore all’e-health alla realtà aumentata a servizio del turismo. E questo grazie a una tecnologia che dovrebbe consentire una velocità di 20 Gigabit al secondo in download e tempi di latenza nell’ordine dei millisecondi. Per far questo serviranno frequenze, che in Italia sono state messe all’asta dal Mise.
Nella banda utile allo sviluppo del 5G anche Tiscali – in particolare sui 3.5 Ghz – ha una porzione di spettro, portata in dote dal matrimonio con Aria, non oggetto di asta e prorogata fino al 2029. Ora Fastweb fa suoi questi 40 Mhz in banda 3.5 Ghz, insieme con il ramo d’azienda Fixed Wireless Access, facendosi carico di 34 persone. «Abbiamo acquisito asset di grande importanza, che ci permetteranno di continuare a investire al meglio il 30% del fatturato, come facciamo già». Il tutto, precisa Calcagno, «nel novero di investimenti in innovazione per 1,5 miliardi in tre anni».
La Internet company fondata da Renato Soru, da parte sua, continuerà a fornire servizi e si avvantaggerà di un accordo wholesale che gli permetterà di utilizzare la rete d’accesso in fibra di Fastweb a condizioni vantaggiose. Questo significherà potersi muovere con più agilità, magari tirandosi fuori dalle sabbie mobili di un debito condizionante. Al 31 maggio la posizione finanziaria netta era negativa per 178,6 milioni, a fronte di ricavi 2017 a 207,6 milioni conditi da un ritorno all’utile di 800mila euro.
I 150 milioni dell’operazione saranno per 100 milioni in cash, che quindi potrebbero essere usati per abbattere il debito (di cui metà nel 2018 e metà nel 2019). Vi si uniranno l’accollamento di 10 milioni di debiti con i fornitori e un accordo da 40 milioni per permettere alla stessa Tiscali – i cui principali soci sono i russi di Ict e Sova Disciplined Equity Fund e da cui a giugno, dopo aver avviato la partnership con Fastweb nel 2016, è uscito il ceo Riccardo Ruggiero, con il subentro di Alex Kossuta – di usufruire di reti e servizi di Fastweb.
Ma perché non comprare tutta Tiscali allora? Fastweb non ha le risorse per fare sul serio? «Innanzitutto – replica Calcagno – occorre volerlo in due. Per quanto ci riguarda poi la nostra scelta è di crescere organicamente. Non abbiamo bisogno di conquistare in questo modo quote di mercato, quando possiamo guadagnarle da noi, grazie alla nostra strategia sull’innovazione».
Dall’altra parte, e sicuramente questo ha impattato sulla scelta di Tiscali, quelle frequenze utili per il 5G hanno bisogno di essere accompagnate con almeno parte dello spettro messo all’asta. Il che significa investimenti. «Noi – dice Calcagno – abbiamo le spalle forti per poter affrontare una situazione come questa». All’asta «contiamo di partecipare» dice il ceo Fastweb pur concedendosi una critica sull’impostazione: «Ci aspettavamo che l’asta fosse strutturata con incentivi maggiori per i nuovi entranti nella banda 3.6-3.8. E invece non è stato così». Però sul 5G Fastweb crede fortemente. L’intesa permetterà poi di poter lanciare «un’offerta fixed wireless. Questo però a partire dal 2019. Fino a quel momento lavoriamo per irrobustire la rete Fwa che già copre 6,5 milioni di case nelle aree bianche».
Certo, tutto questo avviene in un momento di ripresa di guerra dei prezzi che rischia di mettere a dura prova i conti di compagnie chiamate a investire. «Abbiamo chiuso 19 trimestri in crescita. Nel mobile abbiamo 1,3 milioni di clienti e puntiamo ai 4 milioni entro il 2020 che però sono clienti “convergenti” che utilizzano il fisso e il mobile. Per noi questo è il futuro e su questo e sul 5G lavoriamo». Parlando di convergenza, sulla rete in fibra c’è tuttavia da fare i conti con le strategie di Tim e Open Fiber e con la possibilità che possano convergere. Magari passando per quella Flash Fiber di cui Fastweb ha il 20%. «Non ci metteremmo di traverso – dice Calcagno – a patto che la fusione non comprometta la concorrenza e non porti a sconti regolamentari». Intanto ci sarà da decidere se aggiungere altre città alle 30 da coprire con Flash Fiber: «Dopo l’estate prenderemo in considerazione la cosa».
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