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Paese che vai Borsa che trovi: 2018 a tre vie per Usa, Europa e Cina

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Paese che vai Borsa che trovi: 2018 a tre vie per Usa, Europa e Cina

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I mercati possono avere tre andamenti: salire, restare neutrali o scendere. L'andamento da inizio anno delle Borse statunitensi, europee e cinesi rispecchia queste tre direzioni. L'indice S&P 500 di Wall Street ha guadagnato l'8%. Lo Stoxx Europe 600, tra alti e bassi, è rimasto quasi invariato (-2%) mentre lo Shanghai composite (il più rappresentativo dell’azionario cinese) ha perso il 17%. Questo divario di performance - in valuta locale - non solo riflette la maggior tonicità delle aziende Usa ma anche il grado di maggior fiducia sul futuro che Wall Street riscuote rispetto alle altre Borse.

Le tre aree geografiche nel 2018 hanno espresso scolasticamente i tre possibili andamenti dei mercati. Ma sono unite dalle incognite e dalle risposte che gli investitori attendono entro l’autunno. A detta degli esperti, infatti, i rischi non mancano. Tanto per quelle Borse che hanno corso (Usa) quanto per quelle che non hanno regalato da inizio anno sorrisi agli investitori.

A cominciare dalla guerra commerciale in primis tra Usa e Cina. Il tema non può certo dirsi esaurito dato che entro fine settimana scopriremo con ogni probabilità se l’amministrazione Trump intenderà ampliare la forchetta dei dazi sulle merci cinesi di 200 miliardi di dollari (rispetto ai circa 60 già “deliberati”).

Alcuni analisti vedono però un possibile un punto ferm0 a una schermaglia che va avanti ormai da diversi mesi . A inizio anno ci saranno le elezioni del mid-term, quelle di metà mandato, negli Stati Uniti. Trova più di un consenso la voce secondo cui Trump starebbe alzando la voce sui dazi per arrivare a chiudere accordi proprio entro le elezioni. In ogni caso novembre è ancora lontano e quindi la volatilità delle Borsa Usa, oggi davvero bassa con l’indice Vix intorno a quota 12 punti, potrebbe aumentare.

Il punto è che la guerra commerciale al momento sta avendo un effetto negli Usa, ma solo sul fronte della rivalutazione del dollaro (dollar index +5% da inizio anno). Ma invece sta lasciando, come visto, indenne l’azionario a Wall Street colpendo invece altrove. È vero che la Cina sta rispondendo colpo su colpo (attraverso la svalutazione dello yuan) ai dazi. Ma a giudicare da come stia andando la Borsa locale non si può certo dire che gli investitori siano entusiasti.

Discorso in parte simile per la Borsa tedesca (-5%), una delle peggiori in Europa da inizio anno - al pari del settore automobilistico - proprio a causa dell’incertezza legata alla piega definitiva che prenderà la guerra dei dazi.

Pur essendo collegati i listini vivono comunque di vita propria. Ad esempio il FTSE MIB di Piazza Affari, essendo sbilanciato su titoli del credito, non può sganciarsi dalle peripezie delle spread tra BTp e Bund. Se su questo fronte si balla, ballano anche le banche a Piazza Affari (che hanno in pancia circa 400 miliardi di titoli di Stato italiani) e quindi anche l’intero indice (è per questo che ad agosto ha perso l’8%).

Oltre che della guerra commerciale le Borse europee hanno un altro cruccio: come reagiranno le economie dell’Eurozona alla fine del programma di aiuti della Bce (noto come quantitative easing)? Per oltre tre anni (da marzo 2015) la Bce ha comprato titoli sui mercati aperti aiutando tanto i debiti sovrani quanto quelli delle aziende (corporate bond). A fine 2018 questo aiuto terminerà (la Bce non comprerà nuovi titoli ma solo quelli che ha in portafoglio e che vanno in scadenza). I tassi sono destinati a salire e di conseguenza i prezzi delle obbligazioni a scendere? E se così sarà questo malumore finanziario contagerà anche le azioni?

E poi c’è la questione degli emergenti. Il fatto che il Sud Africa a sorpresa nel secondo trimestre dell’anno sia entrato in recessione ha ieri stupito gli investitori. Ma quello del Sud Africa è stato anche un nuovo capro espiatorio per continuare a vendere le divise dei Paesi emergenti che stanno vivendo un anno a dir poco turbolento con ribassi diffusi e a doppia cifra nei confronti del dollaro, valuta nei confronti della quale negli ultimi anni la gran parte dei Paesi emergenti si è indebitata.

IL CROLLO DELLE DIVISE EMERGENTI (RISPETTO AL DOLLARO)
Indice Jp Morgan emerging currencies (fonte: Bloomberg)

Le micce per innescare una correzione sulle Borse non mancano. A far da contraltare c’è la crescita globale che prosegue. Per continuare a far brillare i listini però la crescita è obbligata, come sempre, a superare se stessa.

twitter.com/vitolops

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