La famiglia Malacalza rafforza la sua presa su Banca Carige. Il primo azionista della banca ligure, in una comunicazione ufficiale a Consob, ha reso noto di essere salito oltre il 25% «a seguito dell’acquisto di un pacchetto azionario pari al 3,076% effettuato fuori mercato», arrivando così a detenere il 27,55% del capitale. Le azioni acquisite dall’imprenditore piacentino arrivano da Sga, il veicolo controllato dal Tesoro.
Fonti vicine alla società che fa capo al Mef fanno notare come la transazione sia avvenuta per il tramite dei broker (Morgan Stanley per la parte venditrice, Intermonte Sim per la parte acquirente) e che, di conseguenza, Sga non era a conoscenza del fatto che Malacalza fosse l’acquirente. Resta il fatto che la cessione di un pacchetto simile di azioni da parte di Sga (che, come segnalato da Radiocor, è passato di mano a 0,095 euro per azione) permette alla famiglia imprenditoriale di portarsi in una posizione di forza nell’azionariato. Per capire se e quanto questo deal sarà stato decisivo bisognerà attendere il voto del 20 settembre, quando l’assemblea dei soci deciderà sul rinnovo del cda della banca.
Di certo c’è che con questa mossa Sga fa un ulteriore passo nella direzione di un alleggerimento della quota detenuta nella banca ligure, percorso anticipato dal Sole 24 Ore lo scorso 29 agosto. Dall’iniziale pacchetto del 5,4%, Sga ha ridotto la quota dapprima al 4,9%, come reso noto lo scorso 3 agosto, per poi atterrare all’1,797%, come indicato ieri. A far fede in vista dell’assemblea sono però le azioni detenute alla data dell’11 settembre 2018 (la cosiddetta record date): indipendemente da future vendite - peraltro possibili, visto che il mandato a Morgan Stanley rimane attivo - Sga potrà esercitare il suo diritto di voto per una quota pari all’1,914% del capitale sociale.
Una facoltà, più che una vera intenzione. Perchè Sga non ha mai fatto mistero di volersi tenere lontana dal duello tra i Malacalza e l’asse formato da Raffaele Mincione, Gabriele Volpi e Aldo Spinelli. Il finanziere basato a Londra e i due imprenditori hanno stretto un patto di voto sul 15,4% del capitale, ma con il supporto dell’a.d. Paolo Fiorentino da tempo sono al lavoro per attrarre il voto di altri fondi istituzionali, così da gareggiare quanto meno alla pari con Malacalza in termini di voti.
Una partita, quella assembleare,il cui esito non è scontato e in vista della quale si sta registrando un innalzamento del livello di scontro. Sabato a Genova si terrà l’udienza in cui il Tribunale esaminerà il ricorso d’urgenza presentato da Malacalza Investimenti per inibire l’ammissione della lista presentata da Mincione. Possibile che il responso dei giudici arrivi a ruota, nei giorni successivi, e comunque entro giovedì, giorno dell’assise dei soci. Certo è che, al di là di eventuali decisioni del Tribunale, lo scenario che si prospetta per la banca ligure è quello di una governance traballante. Il meccanismo di voto proporzionale potrebbe infatti non permettere di avere un board con una maggioranza ampia. Con il rischio di un’ingovernabilità che certo non è ben vista dalla Vigilanza.
© Riproduzione riservata