Effetto Brexit anche per le grandi banche svizzere, che spostano da Londra le loro basi europee. Ubs, la maggior banca elvetica, ha comunicato la mossa con le parole del suo chief executive officer, il ticinese Sergio Ermotti. «Il sistema finanziario sta già operando basandosi sul presupposto che non vi sia alcuna intesa (tra Regno Unito ed Ue, ndr). Qualunque cosa accada d’ora in poi, non renderà l’operazione meno onerosa», ha detto Ermotti durante un’intervista a Bloomberg Tv.
Questo dopo che secondo fonti di stampa, Deutsche Bank potrebbe trasferire tre quarti circa dei propri 600 miliardi di euro di capitale da Londra alla sede centrale di Francoforte.
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La base europea di Ubs si sposterà dunque da Londra a Francoforte, ora è deciso. L’intenzione di Ubs di rafforzare la presenza sulla piazza finanziaria tedesca era abbastanza chiara, ma la decisione finale risale alle settimane scorse e viene ora ufficializzata dal ceo del gruppo bancario. Lo stesso Ermotti ha precisato che la scelta è stata quella di adottare una strategia “multi-location”, che prevede anche il potenziamento di altri uffici a Milano, Madrid e Parigi.
Sull’uscita dall’Unione europea da parte del Regno Unito, Sergio Ermotti ha affermato appunto di aver messo ormai nel conto
anche la possibilità dello scenario peggiore, in pratica quello del divorzio da Bruxelles senza accordo. Ubs aveva già calcolato
a suo tempo che Brexit sarebbe costata oltre 100 milioni di franchi (circa 89 milioni di euro), comprese le spese legali e
quelle per il trasferimento di addetti dalla capitale britannica.
L’altra grande banca rossocrociata, Credit Suisse, secondo voci insistenti raccolte sia dalla stampa svizzera che da quella britannica avrebbe pure ormai scelto Francoforte
quale sede centrale per l’investment banking e per gli affari sui mercati dei capitali in Europa.
Tornando a Ubs, il ceo Ermotti ha espresso preoccupazione per la battaglia commerciale in corso tra gli Stati Uniti e la Cina, che ha indicato come il rischio maggiore per l’economia mondiale. «Anche se ci fosse una soluzione tra gli Usa e altri Paesi, le tensioni sull’asse Washington-Pechino bastano per creare effetti secondari», ha affermato il top manager ticinese, che è tra l’altro anche presidente della Swiss-American Chamber of Commerce.
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