Il 24 settembre dagli Usa partiranno nuovi dazi su merci cinesi per un controvalore di 200 miliardi. L’aliquota dei dazi ammonterà al 10% fino al 2018 per salire al 25% da gennaio. La People’s Bank of China - contrariamente ai 50 miliardi di dazi precedenti imposti da Trump - non ha svalutato lo yuan (reazione considerata dagli investitori “forte”). Pechino ha risposto con contro-dazi su merci Usa per 60 miliardi. Una mossa giudicata migliore delle attese e che può preludere a un accordo futuro tra le parti, piuttosto che a un’escalation della guerra commerciale.
Questo spiega perché l’indice Vix, che misura la volatilità di Wall Street e per estensione del mercato azionario in generale, è scivolato del 20% a quota 12 (rispetto ai 15 di poche sedute fa). È un segnale chiaro di distensione dei mercati che sembrano tornati nuovamente sul sentiment di “appetito al rischio”. Non a caso le principali Borse globali (da Tokyo a Shanghai, dall’Europa a Wall Street) hanno terminato gli scambi coralmente in rialzo.
In questo clima di moderato appetito al rischio gli investitori stanno vendendo beni rifugio: in particolare titoli di Stato Usa (il rendimento del decennale è salito al 3,09% e quello biennale al 2,8%, come non accadeva da 10 anni) e Bund tedeschi (il decennale ha sfiorato ieri lo 0,5%). Mentre l’euro fa fatica a mantenere la soglia a 1,7. Cruciali, per spingere un po’ più in alto il cambio, i prossimi dati sulla crescita economica dell’area.
© Riproduzione riservata