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Germania, spread a 700 tra tasso effettivo e i “tassi di Taylor”

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Germania, spread a 700 tra tasso effettivo e i “tassi di Taylor”

Lo spread tra il costo del denaro negli Stati Uniti e quello dell’Eurozona è a quota 225. Questo da poche ore dato che mercoledì 26 settembre la Federal Reserve ha alzato i tassi dal 2% al 2,25%. La notizia è che questo differenziale è profondamente distante dai calcoli della “Taylor rule”, la teoria elaborata dal noto economista John. B Taylor (lo scorso anno candidato alla presidenza Fed poi andata a Jerome Powell) su quello che dovrebbe essere il tasso di interesse ideale di un’area economica.

Secondo questa teoria - che nel suo algoritmo analizza più elementi per arrivare al “tasso perfetto”, tra cui l’output gap (differenza tra disoccupazione e piena occupazione), il Pil potenziale fino ad arrivare al concetto di tasso di interesse reale di equilibrio (dove domanda aggregata e offerta aggregata combaciano, in un regime di piena occupazione) - oggi i tassi in Germania (l’economia più forte dell’Eurozona) dovrebbero essere al 7,2% mentre quelli degli Stati Uniti al 5%. Quindi lo spread tra Usa e Germania si ribalta, da 225 punti base a favore degli Usa (Taylor rule) a 220 punti a favore della Germania (tassi ufficiali odierni).

È evidente che la “Taylor rule” non è una legge ed è stata elaborata negli anni ’80, quando il mondo era parecchio diverso. Ma è anche evidente che probabilmente di tanto in tanto un paragone tra i tassi del momento e quelli “di Taylor” può essere utile per capire se vi sono dei disallineamenti clamorosi. Perché questo potrebbe voler dire che ci sono economie che viaggiano a tassi molto distanti dal loro potenziale.

Ed è il caso, in questo momento, della Germania, dove a settembre l’inflazione è salita al 2,3%, come non accadeva dal 2011. Il tasso di disoccupazione è al 3,4%, ai minimi da 38 anni. Questi numeri non giustificano assolutamente - Taylor o non Taylor - un costo del denaro a zero. Lo gridano a voce alta pensionati e risparmiatori tedeschi che da tempo spingono perché la Bce alzi il costo del denaro che difatti oggi risulta 700 punti base più basso rispetto a quelli - per quanto forse un po’ esagerati - che dovrebbero essere i tassi calcolati dalla “formula Taylor”.

Se però la Bce alzasse i tassi, e di molto, andrebbe contro quanto esprimono altre aree economiche, oggi sotto la sua supervisione. Tra queste c’è anche l’Italia che secondo la “formula di Taylor” dovrebbe avere un costo del denaro allo 0,15%, quindi molto vicino al tasso Bce. A conti fatti, quindi, il confronto tra realtà e “Taylor rule” non è altro che un modo più laterale per osservare il tema degli squilibri commerciali che oggi sussistono tra i Paesi dell’Eurozona, nettamente visibili dalla dinamica dei saldi Target2 secondo cui la Germania è in posizione attiva per quasi 1.000 miliardi di euro e l’Italia in passività per circa 500 miliardi.

twitter.com/vitolops

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