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Caso Danske Bank, sono 4mila i miliardi a rischio riciclaggio

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danimarca punta dell’iceberg

Caso Danske Bank, sono 4mila i miliardi a rischio riciclaggio

Filiale di Danske Bank a Tallinn, Estonia (Afp)
Filiale di Danske Bank a Tallinn, Estonia (Afp)

Un fiume di denaro tra i 2mila e i 4mila miliardi di euro potrebbe essere stato riciclato tra il 2007 e il 2015 attraverso le banche dell’Estonia, della Lettonia e della Lituania, i tre paesi baltici porta d’ingresso nell’Unione europea di capitali sporchi provenienti dalla Russia e dagli Stati dell’ex Unione sovietica. Una cifra colossale, con la quale sarebbe possibile comprare l’intera Apple e tutta Amazon, le società più capitalizzate del mondo che insieme valgono circa 2mila miliardi di dollari.

Il timore è che lo scandalo della Danske Bank - esploso il 19 settembre con le dimissioni del Ceo, Thomas Borgen -possa essere la punta di un enorme iceberg. I 200 miliardi di euro che in nove anni sono stati movimentati dai clienti stranieri nella filiale estone della prima banca danese rappresentano infatti soltanto una piccola parte dell’intero tesoro depositato da cittadini non baltici negli istituti di credito di Estonia, Lettonia e Lituania.

I soldi sospetti nel Baltico

Sono gli stessi investigatori dello studio legale Bruun & Hjejle che hanno scritto il report interno della Danske Bank, pubblicato proprio il 19 settembre, a evidenziare numeri potenzialmente allarmanti. Alla fine del 2013 la Danske Bank controllava soltanto il 9% del totale dei depositi di “non residenti” custoditi nelle banche del Baltico: 15mila conti che hanno movimentato in nove anni, appunto, 200 miliardi di euro. Nel 2007 la percentuale era addirittura più bassa, il 5%. Se i soldi dei “non residenti” transitati in tutti gli altri istituti delle tre piccole repubbliche della Ue erano proporzionali a quelli della filiale estone della Danske Bank, si può calcolare che una cifra compresa tra i 2mila e i 4mila miliardi di euro sia passata attraverso conti di persone o società “non residenti” nei tre paesi. Quanti di questi, poi, possano essere stati capitali illeciti non è possibile al momento determinarlo.

Indagini aperte in Uk e negli Usa

Il caso Danske Bank non è dunque uno scandalo locale. Le sue dimensioni sono globali, visto che la banca è stata utilizzata come base di transito di capitali finiti in ogni angolo del mondo. Il Dipartimento alla giustizia degli Stati Uniti ha aperto un’indagine penale e ha già chiesto informazioni all’istituto di credito danese. E anche la britannica National crime agency (Nca) sta indagando su alcune società clienti della filiale estone della Danske Bank.

Nel 2013 più di un quarto dei correntisti “non residenti” della banca erano domiciliati in Gran Bretagna e un altro 10% proveniva dalle Isole vergini britanniche. Non si trattava di cittadini di Londra o Edimburgo in carne e ossa ma di veicoli societari che hanno risucchiato miliardi di euro al di fuori della Russia e dell'Azerbaijan. C'è un filo diretto, infatti, che lega Tallin - sede della filiale estone della Danske Bank - alle verdi montagne scozzesi, circa 3mila chilometri dal Baltico. Decine di società clienti della Danske Bank avevano la sede legale in Scozia. Un caso? No. Basta guardare alcuni esempi per capire quali meccanismi siano stati messi in campo per riciclare soldi russi e azeri utilizzando l'istituto di credito danese.

Ottocento società, un indirizzo

A Glasgow, al numero 111 di West George Street, c'è un punto vendita della catena Mail Boxes Etc. dove erano registrate più di 800 società. Naturalmente nessuna di loro aveva uffici o dipendenti dietro quelle vetrine ma solo una cassetta postale o un domicilio formale. Molte di loro come la Polux Management e la Hilux Services, entrambe fondate da società delle Isole vergini britanniche, avevano una forma giuridica particolare. Non erano società per azioni o a responsabilità limitata ma Scottish limited partnership (Slp), una particolare forma di associazione nata all'inizio del 900 per facilitare l'attività dei contadini e dei proprietari terrieri scozzesi. Con il tempo le Slp sono diventate il veicolo preferito per i riciclatori russi e dell'Est Europa. A tal punto che il governo britannico ha dovuto varare una riforma delle Slp per interrompere questa catena pericolosa.

Le Scottish limited partnership

Perché le Slp siano diventate delle lavanderie di denaro sporco è presto detto. Come le normali società per azioni, le Slp sono entità separate dai partner che la costituiscono. I membri delle partnership scozzesi, però - almeno fino alla riforma varata quest'anno - non dovevano essere necessariamente delle persone fisiche residenti nel Regno Unito.

Inoltre le Slp non avevano l'obbligo di depositare bilanci e di comunicare i cambiamenti societari e i nomi dei reali proprietari. Erano dunque il mezzo perfetto per nascondersi e per occultare denaro sporco. Un'indagine di Transparency International e di Bellingcat ha fatto emergere le reali dimensioni del fenomeno. Tra il 2007 e il 2016 il numero di registrazioni di nuove Slp è esploso del 430% con una media di crescita annua del 36% rispetto al 5% delle normali Limited partnership. Il 71% erano controllate da società domiciliate nei paradisi fiscali.

Il crollo delle registrazioni

Negli ultimi dieci anni più di 16mila Slp sono state registrate in soli dieci indirizzi della Scozia, come il Mail Boxes Etc. di Glasgow. In cinque uffici di Edimburgo risultano registrate 9.060 società, altre 3.038 in due indirizzi di Glasgow, 3.144 hanno un unico domicilio a Douglas, 628 in un ufficio di Ayr e altre 591 in un edificio di Dundee. Ma la riforma delle Scottish limited partnership sembra aver inferto un duro colpo ai riciclatori. A ottobre 2017 le nuove registrazioni erano già crollate dell'80% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente e oggi vengono registrate un quinto delle società di un anno fa.

Irlanda del Nord e Lussemburgo

Le rotte dei riciclatori sembrano però essersi solo spostate. In un documento dell'aprile di quest'anno, il ministero dell'Economia britannico annota un aumento del trend di registrazioni di Limited partnership in Irlanda del Nord, dove questa tipologia di società era pressoché sconosciuta. Nel 2013 era stata registrata solo una società, nel 2017 le nuove registrazioni sono state 73. I numeri sono ancora piccoli ma il trend è chiarissimo.

Ma il calo delle immatricolazioni di Limited partnership in Scozia potrebbe anche essere legato all'istituzione in Lussemburgo di due nuove tipologie di Limited partnership nell'estate dello scorso anno: le Scd (società in accomandita) e le Scsp (società in accomandita speciale), utilizzate dal private equity e dal venture capital. Irlanda del Nord e Lussemburgo hanno forse attratto parte dei capitali illeciti che si muovevano attraverso le società scozzesi. Ma come insegna il caso della Danske Bank, i soldi da riciclare - che siano russi, azeri o ucraini - sono come l'acqua: trovano sempre un varco dove insinuarsi.

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