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Risparmio, ora il gestore deve far capire quanto vale

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Risparmio, ora il gestore deve far capire quanto vale

(Bloomberg)
(Bloomberg)

Dai massimi del 7 maggio scorso, nel pieno delle consultazioni prima dell'insediamento del nuovo governo, il Ftse Mib è crollato di oltre il 22%, mentre negli ultimi 6 mesi lo spread BTp-Bund è passato da un minimo di 113 punti ad un massimo, toccato il 9 ottobre, di 317, incidendo sulle valutazioni dei titoli e in particolare su quelle del settore finanziario.

Il ribasso è peraltro coinciso con un quadro internazionale più complesso per le tensioni commerciali tra Usa e Cina, per la crisi degli emergenti e per la tendenza al rialzo dei tassi americani. L'incertezza di oggi sulla manovra italiana si inserisce quindi in uno scenario già difficile.

Proprio in momenti di tensione sui mercati finanziari i fondi comuni d’investimento devono dimostrare agli investitori la forza delle loro gestioni attive - spesso pagate a caro prezzo dai risparmiatori in termini di commissioni - rispetto all’andamento degli indici di mercato.

Vediamo alcuni dati. Secondo l’ultimo rapporto dell'ufficio studi Mediobanca, negli ultimi 10 anni, quelli del crack Lehman e della conseguente pesante crisi finanziaria, i gestori dei fondi azionari hanno performato meglio del listino, con un rendimento netto medio annuo del 7,1% contro il 4,1% dell'indice Mediobanca total return, che misura il ritorno della Borsa di Milano includendo anche i dividendi. La forza dei fondi si è vista anche in questo turbolento 2018. Negli ultimi sei mesi, quando si è accentuata la crisi sullo spread Italia-Germania: i fondi hanno perso il 9,3% contro l'indice FTSE MIB che è sceso di circa 13 punti percentuali.

Anche lo scorso maggio, mese in cui c'è stata una fase di importante tensione sul differenziale BTP-Bund, i fondi hanno perso il 5,7, contro il 9,2% perso dall'indice di Piazza Affari. E una nuova prova per i fondi la vedremo in questi giorni, visto l'inasprimento dello spread oltre 300 punti.

«Il confronto tra i fondi obbligazionari rispetto ai Btp o tra quelli azionari rispetto all'Etf dell'indice della Borsa – sottolineano gli esperti di Controlfida - evidenzia che le gestioni attive, nel 2018 come negli anni passati, hanno avuto la meglio e hanno contenuto le drastiche oscillazioni nei picchi più accentuati di volatilità come si è visto a febbraio, a fine maggio o nelle ultime settimane». Secondo i calcoli di Controlfida, dal 2000 a oggi se guardiamo i 91 trimestri rolling (gennaio-marzo, febbraio-aprile, ecc.) in cui il rendimento dei mercati azionari americani e europei è stato negativo, i fondi attivi che gestiscono dinamicamente il rischio hanno risparmiato fino al 40% sul movimento al ribasso dei mercati.

Secondo gli addetti ai lavori le gestioni attive riescono quindi a generare maggior valore sia nello stock picking, scegliendo titoli piu' “conservativi” o meno penalizzati dal contesto, sia nel timing di entrata e uscita dall’investimento in alcuni titoli nel corso di periodi prolungati di volatilità.

Le gestioni attive dei fondi in molti casi sono capaci di battere gli indici finanziari soprattutto nelle fasi più critiche. Purtroppo però questo vantaggio in termini di performance viene spesso eroso dal costo delle commissioni.

Il costo da attribuire alla consulenza dipende, come in molti ambiti professionali, dalla qualità del servizio. Nel caso degli investimenti, dalla tipologia di gestione, dall’ampiezza della turbolenza sui mercati e dalla capacità di rispondere ai bisogni del cliente per definire le migliori strategie. Maggiore è la volatilità sui listini e maggiore è la necessità di avere gestori all'altezza. Oggi, visto il contesto, servono dei fuoriclasse.

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