Soddisfazione per aver superato lo stress test di Eba e Bce, malgrado alcune penalità che ne hanno condizionato l’esito nello scenario avverso. Accelerazione del derisking, raddoppiando con un anno di anticipo i target di cessione di Npl concordati con Bce. Ribilanciamento del portafoglio titoli, in modo da alleviare l’onere dei BTp sul bilancio. E l’auspicio che il Governo si adoperi per ridurre il rischio Italia, che frena il credito alle imprese. Sono questi i temi principali che l’ad di BancoBpm, Giuseppe Castagna affronta con Il Sole 24 Ore all’indomani degli stress test.
Come valuta l'esito dello stress test per quanto riguarda BancoBpm?
Siamo soddisfatti sia per l’esito che abbiamo avuto nello scenario base che in quello avverso. In quello base, ci posizioniamo ai vertici in Europa dimostrando la validità della fusione tra Bpm e Banco Popolare e la capacità del gruppo di creare valore. Nello scenario avverso ci siamo mostrati resilienti, malgrado lo stress test sia stato condotto su parametri che non tengono conto di elementi peculiari per la nostra banca, l’unica in Europa ad aver effettuato una fusione rilevante.
Resistenti ma nello scenario avverso siete tra gli ultimi in Europa. Preoccupato?
No, perché bisogna tenere conto, come dicevo, che a differenza di altre banche noi veniamo dalla fusione e siamo ancora alle prese con una fase straordinaria di ristrutturazione. E in termini di differenziale tra punto di partenza e atterraggio dello scenario avverso siamo posizionati meglio di importanti banche europee. Teniamo conto inoltre che lo stress test, basato su dati di fine dicembre 2017, non ha tenuto conto del piano di derisking da 5 miliardi realizzato a giugno 2018. E che i costi di fusione one-off sono stati considerati come ricorrenti e non episodici. Questo vuol dire che in prospettiva la struttura dei costi migliorerà anche ai fini della Vigilanza.
Al momento della fusione, sul derisking avevate concordato con Bce un piano di smaltimento di Npl da 8 miliardi al 2019. Avete già superato i 10 miliardi. E ora il mercato si aspetta che andrete avanti. Cedendo altri 8 miliardi di Npl arrivereste a 18 miliardi entro il 2018, più del doppio di quanto concordato con Bce e con un anno di anticipo. Farete davvero l’operazione entro fine anno o la gara sarà rinviata a causa delle incertezze sui mercati?
Siamo lanciati per concludere l’operazione entro fine anno. Le tre cordate in gara per l’acquisto ci sembrano determinate ed entro metà novembre attendiamo le loro offerte.
La cessione di Npl avrà un impatto negativo sul capitale?
Vedremo se e quanto i prezzi delle offerte risentiranno delle mutate condizioni di mercato. L’eventuale deficit di capitale che dovesse emergere sarà compensato dalla nuova impostazione industriale delle nostre fabbriche prodotto nel consumer finance.
Ma puntate a quotare in Borsa Agos-Ducato o a cedere la vostra partecipazione al Credit Agricole? E nel riassetto sarà coinvolta anche Profamily, che gestisce e distribuisce il credito al consumo per la rete ex Bpm?
È uno dei temi su cui stiamo ragionando con il nostro partner Credit Agricole. È evidente che avendo nel nostro gruppo due società di credito al consumo si debba pensare a come fare sinergie. L’operazione che stiamo negoziando non sarà solo finanziaria ma soprattutto avrà una logica industriale. Quanto alla modalità della valorizzazione, è possibile tanto un’operazione tra le parti che una eventuale Ipo.
Venderete anche la partecipazione del 14,6% in Anima Holding?
No, non ne vediamo la necessità. Diciamo che può essere una delle varie riserve di liquidità in caso di shock futuri, che sinceramente non mi auguro.
L’esposizione ai BTp, in una fase di risalita dello spread, vi sta “mangiando” capitale. Pensate di ridurre il peso dei titoli di Stato italiani che avete in portafoglio?
I dati sull’esposizione saranno resi noti la prossima settimana con la trimestrale. Posso dire che abbiamo già avviato una serie di azioni di ribilanciamento del portafoglio tra titoli italiani ed esteri, e modificato le quote tra BTp da tenere fino a scadenza e quelli disponibili per la vendita.
In sostanza, siete stati venditori netti di Btp?
Abbiamo ribilanciato il nostro portafoglio riducendo contestualmente la rischiosità relativa all’incremento dei tassi.
È più preoccupato per il rialzo dello spread a 300 o per la frenata del Pil, sceso a zero nel terzo trimestre?
Nell’immediato, i bilanci delle banche subiscono contraccolpi maggiori dalla risalita dello spread. Ormai siamo quasi a quota 300 e il colpo lo abbiamo assorbito. È essenziale che quantomeno si stabilizzi a questi livelli. Ma per l’Italia i tassi più alti comportano maggiori interessi sul debito, per le famiglie e le imprese costi più elevati del credito. In generale, i segnali di rallentamento dell’economia creano sfiducia.
È vero che le banche hanno avviato un razionamento del credito, chiedendo ad alcune imprese il rientro dei fidi concessi?
Per quanto ci riguarda non abbiamo fatto alcuna stretta sul credito. È evidente però che, se nel Paese non si ricrea un clima di fiducia e a favore della crescita, gli investitori e gli imprenditori giustamente rinviano le scelte di nuovi investimenti. E le banche frenano sul credito.
Come si fa a ricreare un clima di fiducia in Italia?
Un punto di rischio drammatico era il downgrade a “junk” dell’Italia. Rischio per ora evitato, ma ricordiamoci che siamo sotto osservazione. Credo che l’incertezza si ridurrebbe, anche tra gli investitori, se sulla manovra si trovasse un punto d’incontro con l’Europa, puntando soprattutto sulla ripresa degli investimenti.
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