Martedì 27 entra nel vivo alla Camera l’esame della manovra, che dopo anni torna a occuparsi seriamente del fisco sul mattone. Con l’obiettivo di semplificare un groviglio di regole
che si è intricato di manovra in manovra, e che dal 2014 impone ai proprietari di seconde case, negozi, capannoni e così via
di pagare due tasse sullo stesso immobile. Un paradosso in cui inciampa anche chi ha due garage o due cantine, perché solo
una pertinenza per categoria può rientrare sotto l’ombrello dell’esenzione riservata all’abitazione principale.
GUARDA IL VIDEO - Manovra: allo studio la nuova Imu, la tassa unica sulle case
L’emendamento sulla «nuova Imu»
Per provare ad archiviare il caos, si è fatta strada fra gli emendamenti “segnalati” alla legge di bilancio la «nuova Imu», che unifica in un’imposta sola le attuali Imu e Tasi. E punta a prosciugare anche l’oceano delle aliquote,
oltre 200mila, che impegnano contribuenti e intermediari fiscali nel rebus fiscale. Il tutto è contenuto nei 13 articoli del
nuovo “testo unico dell’Imu” messo nero su bianco in un emendamento firmato da Alberto Gusmeroli, della Lega, vicepresidente
della commissione Finanze della Camera. Il testo rientra fra i 700 “segnalati” che saranno messi al voto (a differenza degli
altri 1.900 che cadono pur avendo superato il vaglio di ammissibilità), è stato nelle scorse settimane al centro del confronto
tecnico con l’Anci e da quanto risulta al Sole 24 Ore è tra gli interventi su cui è positivo anche l’orientamento del ministero
dell’Economia.
Rischio di aumento dell’aliquota
Il cantiere è ancora aperto, e non mancano i punti da affinare. Perché il fisco del mattone è un meccanismo delicato, e nei
dettagli nasconde insidie importanti. La prima è sull’aliquota. La nuova imposta unica, secondo l’emendamento, potrebbe salire
fino all’11,4 per mille, un tetto che ora può essere raggiunto solo nei Comuni (circa 1 su 7) in cui nel 2014 è stata applicata
una «maggiorazione» alla Tasi poi mantenuta negli anni del congelamento per far quadrare i conti. Il rischio sarebbe dunque
quello di un possibile aumento generalizzato della pressione fiscale sul mattone. Ma va detto che al momento questo passaggio
sembra frutto più di un inciampo tecnico che di una volontà esplicita. Anche perché va oltre le stesse richieste dei Comuni,
che nella loro proposta si fermavano all’11 per mille. Sul punto, un emendamento simile targato Pd (Fragomeli e Marattin)
prevede invece di fermarsi al 10,6 per mille, a cui aggiungere l’eventuale maggiorazione dello 0,4 per mille nei Comuni che
già la applicano. La discussione, insomma, è aperta, anche perché tra i correttivi necessari c’è anche l’individuazione del
responsabile della riscossione. Senza, la macchina non può partire.
Il raddoppio della deducibilità
Sul treno della nuova imposta unica salirebbe anche il raddoppio dal 20 al 40% della deducibilità dell’Imu dall’Ires per le
imprese proprietarie dei capannoni. Anche qui non manca qualche possibile effetto collaterale, perché va ricordato che a differenza
dell’Imu, attuale o “unificata”, la Tasi è integralmente deducibile dall’Irap. Il risultato di questo incrocio dipenderà da
caso a caso, ma il raddoppio della quota deducibile previsto dall’emendamento è nei fatti un passaggio necessario anche a
evitare brutte sorprese fiscali per le imprese.
Ma è la semplificazione il cuore di un progetto che vuole cancellare il paradosso della doppia imposta, che obbliga a due calcoli, due dichiarazioni e due modelli per pagare quello che nei fatti è lo stesso tributo sullo stesso immobile. Il legame della Tasi con il finanziamento dei “servizi indivisibili” (luce, manutenzione delle strade, sicurezza locale e così via) è rimasto infatti confinato al nome del tributo, senza alcuna ricaduta pratica.
Il bollettino precompilato
L’Imu “riunificata” porta con sé anche la possibilità di rilanciare un’altra promessa che finora non si è mai tradotta in
pratica: quella del bollettino precompilato, previsto in Gazzetta Ufficiale fin dal 2014 ma mai arrivato nella casella postale
dei contribuenti. A renderlo impossibile è anche il panorama sterminato delle aliquote locali, che nelle delibere hanno provato
a inseguire tutti i singoli casi di contribuenti con differenze di trattamento che spesso hanno prodotto più effetti in termini
di complicazioni che benefici reali per i diretti interessati.
Per evitare il fenomeno, la «nuova Imu» sarebbe differenziabile solo in base a una griglia pre-determinata dalla legge stessa. Per le seconde case, per esempio, sono previste solo tre tipologie: quelle vuote, quelle affittate con contratto registrato da almeno due anni e quelle concesse in comodato gratuito a figli o genitori. Per gli altri fabbricati a guidare la possibilità di cambiare l’aliquota sarebbe la categoria catastale, prefigurando quindi un’aliquota per i negozi, una per i capannoni e così via. Rimangono le agevolazioni fisse già previste oggi, come lo sconto del 25% sulle abitazioni affittate a canone concordato e l’esenzione degli immobili merce.
© Riproduzione riservata