Alla fine l’Opec ha salvato la faccia. Ci sarà un taglio della produzione di petrolio, addirittura superiore alle attese del mercato: 1,2 milioni di barili al giorno, compreso il contributo degli alleati, che continueranno a restare tali: c’è un accordo «di principio» per firmare entro fine marzo i documenti per trasformare la coalizione Opec-non Opec in un organismo permanente.
Anche la collaborazione con la Russia è salva dunque e destinata a durare. È probabilmente questo il traguardo più importante raggiunto in questo vertice difficile, anzi difficilissimo, per ammissione degli stessi ministri che vi hanno preso parte. Mai come in questa occasione Mosca è stata decisiva per giungere a una ricomposizione che in alcuni momenti era sembrata quasi impossibile.
Oltre cinque ore di vertice (molte di più se si contano le trattative informali negli alberghi viennesi) non erano bastate all’Opec per arrivare a una decisione condivisa: troppo forti i contrasti tra l’Arabia Saudita – sempre più inibita dalle pressioni, per non dire dai ricatti degli Stati Uniti – e gli altri produttori, a cominciare dall’Iran, deciso a difendere ad ogni costo lo status di vittima delle sanzioni Usa, che averebbe dovuto garantirle un’esenzione dalle quote produttive.
Poi è arrivato il ministro russo Alexandr Novak, di nuovo in Austria dopo un breve ritorno in patria per consultazioni con il presidente Vladimir Putin. E c’è stata la svolta.
Novak ha parlato a tu per tu per un’ora con l’iraniano Bijan Zanganeh, su cui Mosca ha un’influenza sempre più forte, adesso che Teheran è isolata per via delle sanzioni Usa. Subito dopo c’è stato l’ennesimo bilaterale tra Novak e il saudita Khalid Al Falih. E nel primo pomeriggio l’Opec Plus come per magia ha trovato la quadra.
Zanganeh, assediato dalle telecamere, esibiva sorrisi trionfali e battute contro Donald Trump e la sua «pessima abitudine» di intrometteresi nelle attività dell’Opec. «L’Opec non ama questo tipo di pressioni – ha sentenziato l’iraniano –. Questo serva da lezione all’amministrazione americana».
Teheran in effetti ha vinto: anche se non è stato messo nero su bianco nel comunicato finale, sarà esentata dai tagli produttivi in quanto vittima delle sanzioni Usa.
Il privilegio è stato accordato anche al Venezuela (per lo stesso motivo) e alla Libia, per la sua «situazione speciale», come l’ha definita in modo vago il presidente di turno dell’Opec, l’emiratino Suhail Al Mazrouei, che a gennaio cederà lo scettro al venezuelano Manuel Quevedo.
Gli altri Paesi membri – compresa stavolta la Nigeria – si faranno carico di una riduzione di 800mila barili al giorno, mentre i non Opec ridurranno di 400mila bg, in entrambi i casi rispetto ai livelli di ottobre e a partire da gennaio.
La Russia, ha chiarito Novak, taglierà «gradualmente» 228-230mila bg mentre Riad – assicura Falih – è già tornata a estrarre 10,7 mbg come a ottobre (da 11,1 mbg a novembre) e il prossimo mese scenderà «intorno a 10,2 mbg», perché «anche stavolta vogliamo guidare gli altri con l’esempio».
Il taglio avrà una durata «iniziale» di sei mesi e per valutare le mosse successive l’Opec Plus ha anticipato il prossimo vertice all’8 aprile (di solito è a giugno). Per quell’epoca sarà scaduto l’esonero dalle sanzioni concesso dagli Usa a otto Paesi importatori di greggio iraniano, tra cui l’Italia.
La svolta a Vienna ha subito ravvivato i mercati petroliferi, con rialzi che hanno superato il 6% per il Brent, sopra 63 $/barile. La sfida a Trump, che intimava all’Opec di non fare nulla per evitare una salita dei prezzi, è insomma stata lanciata. Ed è probabile che nelle prossime ore il presidente Usa si farà sentire con un nuovo tweet.
Persino il saudita Al Falih (che ieri appariva sotto tono rispetto al solito) non ha rinunciato a qualche battuta spavalda: «Stiamo facendo la cosa giusta, probabilmente anche i produttori Usa stanno implorando per avere sollievo», ha scherzato. «Mi sembra che negli ultimi sei mesi abbiamo dimostrato che il nostro mestiere non è solo tagliare, ma anche rilasciare petrolio quando è necessario».
«Stiamo mandando un segnale molto forte – gli ha fatto eco Novak –. Abbiamo dimostrato che la cooperazione Opec-non Opec prosegue e che siamo in grado di reagire a qualunque situazione di mercato».
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