Il 2018 è stato ufficialmente l'anno peggiore per Wall Street in un decennio, dal 2008 della grande crisi. La chiusura al
rialzo della seduta di ieri, l'ultima, non ha potuto alleviare le pene inflitte agli investitori assieme ai brindisi di Capodanno:
Il Dow Jones ha archiviato i dodici mesi con una flessione del 5,6 per cento. Peggio ha fatto il più allargato e rappresentativo
Standard& Poor's 500, arretrando del 6,2 per cento. E in ritirata ha battuto anche il tecnologico Nasdaq, patria di titoli
abituati ad essere all'avanguardia, in ribasso del 3,9 per cento.
Certo, i dolori di Wall Street non sono stati isolati e sono stati spesso inferiori a quelli sofferti su altri lidi. Lo Stoxx 600 europeo ha bruciato il 13% e il Nikkei giapponese il 12 per cento. Lo Shanghai Composite cinese è caduto del 25% e l'Hang Seng di Hong Kong del 14 per cento. E praticamente ogni classe di asset, dalle azioni al petrolio (-25% nell'anno), ha sofferto ovunque (anche se paradossalmente tra i pochi rifugi di successo al mondo ci sono stati i bond di Pechino).
Recessione all’orizzonte?
Ma, per la Borsa americana, pur sempre di dolori si è trattato. Segno di una drammatica volatilità e di pressioni che potrebbero
continuare nel 2019. Sul fronte domestico ci sono forti incognite politiche, dallo shutdown e le crisi di budget attuali alla
futura battaglia tra un Congresso con la Camera a maggioranza democratica e un Presidente, Donald Trump, che si sente accerchiato da scandali. Come pure ci sono interrogativi economici, con una crescita che dal passo del 3% del
2018 dovrebbe frenare forse al 2,4% mentre potrebbe avvicinarsi lo spettro d'una futura recessione.
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Price/earnings delle imprese
È anche - anzi forse soprattutto - prevista una frenata dalla marcia degli utili aziendali, quantomeno a incrementi in singola
cifra percentuale. Il mese scorso gli analisti hanno ridimensionato le previsioni di utili di oltre metà della Corporate America
contenuta nell'S&P 500, un record negativo da due anni a questa parte: i profitti dovrebbero aumentare del 7,8% rispetto al
10,1% che si attendevano ancora a fine settembre e al 22% dell'anno scorso. Ci sono infine le incertezze sulla risposta a
tutto questo da parte della Federal Reserve. Sul fronte internazionale non mancano altri dubbi - da Brexit e la salute dell'Unione
Europea e dell'Italia fino alla stabilità della Cina, presa nello scontro commerciale con gli Stati Uniti.
Ipo last minute
La stagione difficile per la piazza finanziaria americana - quella appena terminata e quella in arrivo - potrebbe però lasciare
ugualmente spazio a momenti memorabili. In particolare a memorabili collocamenti azionari iniziali. La fretta di quotarsi
potrebbe a questo punto essere dettata proprio dalla paura che il longevo “Bull Market”, mercato rialzista del Toro, possa
ormai arrivare al capolinea, e dal conseguente desiderio di non attendere una migliore occasione che potrebbe non presentarsi.
Chi sbarca ora in Borsa
Grande attesa c'è per lo sbarco in Borsa preannunciato da alcune delle società tech che vantano le maggiori valutazioni di
sempre, spesso decine di miliardi di dollari ciascuna: in corsa per un Initial Public Offering, a partire dai primi mesi dell'anno nuovo, sono colossi del calibro di Uber e Lyft, le rivali nella rivoluzione dei trasporti.
E anche Pinterest e Slack Technologies. Parte di un anno che per le Ipo potrebbe ambire a diventare record nonostante le angosce
di Wall Street: potrebbe cioè persino battere, superando una raccolta di cento miliardi di dollari, il precedente massimo
storico registrato nel 1999 e nel 2000, gli anni della bolla Internet. Non ci sono garanzie che questo avvenga, e il nervosismo
sui mercati potrebbe far tardare o deragliare i piani di collocamento. Il fatto che però questo traguardo sia considerato
possibile è già significativo d'un ottimismo che ancora non è svanito.
Già nel 2018, oltretutto, nonostante le tensioni e flessioni generali alla fine ci sono stati 231 Ipo, tra i quali quelli di 55 società hi-tech e Internet, che hanno raccolto in tutto 60,8 miliardi (20,9 nel à). Un risultato migliore dei tre anni immediatamente precedenti. Anche la performance dei nuovi arrivati in Borsa non ha troppo deluso, con flessioni limitate nell'insieme all'1,9% e allo 0,8% tra i titoli tecnologici.
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