Ester, il sostituto di Eonia non oltre ottobre e il nuovo Euribor «ibrido» entro fine anno. Se tutto procede come stabilito dal ruolino di marcia, e come al momento gli eventi lasciano presagire, il 2019 sarà l’anno in cui la grande riforma dei tassi del mercato interbancario vedrà l’atteso traguardo. Non si tratta di una questione puramente tecnica, perché come è noto ai diversi parametri Euribor sono legati i mutui a tasso variabile, che rappresentano pur sempre la maggioranza dei finanziamenti casa in circolazione nel nostro Paese. Fare chiarezza su quanto accadrà nei mesi a venire e sulle possibili conseguenze per il pubblico è quindi più che mai opportuno, anche se non è immediato perché la materia è complessa anche per gli addetti ai lavori.
L’Euribor «ibrido»
Parlando dell’Euribor, sulla cui riforma sta lavorando a spron battuto l’European money market institute (Emmi) insieme alle 20 banche che attualmente compongono il panel di rilevazione, si sa che il tasso rilevato con una nuova
metodologia dovrebbe appunto vedere la luce prima del 2020. Questo perché la European Benchmark regulation (Bmr) ha dato due anni di tempo a partire dal primo gennaio 2018 per adeguare ai principi internazionali gli indici di mercato
e la metodologia con cui vengono calcolati, nel tentativo di metterli al riparo dagli scandali finanziari che nel recente
passato hanno coinvolto molti dei tassi «ibor». Il condizionale in questo caso resta tuttavia d’obbligo, perché non è un mistero
che molti istituti di credito, pur continuando a impegnarsi per rispettare le scadenze e garantire il passaggio di consegne,
vedrebbero di buon occhio una dilazione dei tempi di applicazione della direttiva.
È anche ormai noto che l’Euribor riformato sarà ibrido, verrà cioè determinato quando possibile sulla base degli effettivi scambi di mercato sulle diverse scadenze e, in assenza di transazioni, sulle stime del costo della raccolta effettuata dalle banche del panel. Cambia dunque la metodologia attraverso la quale i valori vengono determinati, ma non la natura del tasso stesso: cosa che dovrebbe (anche qui il beneficio del dubbio resta al momento necessario) semplificare la questione sotto gli aspetti legali, senza cioè obbligare le banche a rivedere e aggiornare tutti i contratti attualmente in vigore.
Il doppio ruolo di Ester
Qualcosa però potrebbe cambiare per i nuovi mutui, anzi in parte avrebbe dovuto già cambiare lo scorso anno, perché in base
alla direttiva le banche dovrebbero già indicare negli stessi contratti anche il «sostituto» dell’Euribor in caso di mancata
rilevazione di questo. Ed è qui che la questione si intreccia a doppio filo con Ester, l’Euro short-term rate, altro tasso
protagonista della rivoluzione del 2019 che la Bce pubblicherà non oltre ottobre e che non solo dovrà prendere il posto di
Eonia (Euro overnight index average, il tasso utilizzato in particolare per operazioni in derivati sui mercati all’ingrosso che non rispetta più i dettami della
Bmr), ma che è stato designato per diventare il risk-free rate dell’Eurozona e per funzionare come paracadute nel caso appunto il calcolo di Euribor non dovesse essere rilevato.
Per rendere Ester funzionale a questo ulteriore scopo e per garantire un passaggio di consegne più agevole possibile con il predecessore Eonia, il gruppo di lavoro sul risk-free rate, coordinato da rappresentanti dell’industria bancaria e all’interno del quale la Bce riveste il ruolo di segretariato, è pienamente all’opera e il 20 dicembre ha lanciato due consultazioni pubbliche fra operatori di mercato, associazioni di categoria e istituzioni, che dovranno inviare le proprie osservazioni entro il primo febbraio. Le questioni in ballo sono principalmente tecniche, visto che è necessario costruire una struttura a termine (una settimana, uno, tre, sei e 12 mesi) per un tasso che di base è overnight e occorre definire in parallelo le modalità più opportune per la gestione della transizione da Eonia ad Ester. Ma rischia di essere anche di sostanza perché, come è apparso evidente dalle simulazioni effettuate fino a oggi, i valori di Ester risultano inferiori (in media circa 8 punti base, cioè centesimi) rispetto a quelli di Eonia e la fase di transizione si presenta tutt’altro che banale, se non opportunamente gestita.
Una manciata di centesimi
A una questione di centesimi, ma in questo caso per fortuna appena una manciata, si riduce anche la differenza fra il «vecchio»
Euribor e il nuovo tasso che sta mettendo a punto Emmi. Oltre alle principali indicazioni sulla metodologia da adottare, un
documento messo in consultazione il 17 ottobre 2018 (e sul quale le banche e gli altri attori sul mercato si sono pronunciati
inviando i propri contributi entro la fine di novembre) conteneva infatti anche gli esiti di una fase di simulazione che ha
portato a circoscrivere fra -1 e -5 punti base a seconda delle scadenze lo scarto rispetto ai valori rilevati con la metodologia
attuale. Non abbastanza quindi per mettere in allarme i mutuatari che controllano ogni mese l’Euribor, considerato poi che
i valori sarebbero leggermente inferiori, anche se occorrerà vedere cosa succederà all’atto pratico, magari in un periodo
di maggior tensione sui tassi rispetto a quello attuale.
Un pizzico di chiarezza in più su come il nuovo Euribor sarà recepito anche dagli addetti ai lavori potremmo averla già nelle prossime settimane, quando verranno pubblicate le reazioni alla consultazione. Forte degli esiti delle simulazioni, Emmi sta attivamente lavorando per chiedere nei prossimi mesi il riconoscimento del proprio ruolo di amministratore del benchmark riformato alla Fsma (l’autorità di controllo belga, dalla quale è regolato) sulla base dei principi Bmr-Iosco, necessaria perché il parametro possa essere operativo anche per nuovi contratti non oltre il 1° gennaio 2020. In ballo, secondo le stime Bce, restano prestiti per un valore di 2.900 miliardi di euro e strumenti di debito per ulteriori 360 miliardi suddivisi fra titoli di Stato, obbligazioni bancarie e aziendali. Non proprio spiccioli.
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