Il vicepremier Luigi Di Maio a ruota libera su Facebook sul caso Carige. Tra gli annunci, al termine di una giornata convulsa – quella di mercoledì – che ha visto lo stesso Di Maio e Salvini spingere per la nazionalizzazione dell’istituto di credito, l’esponente del M5S ha promesso l’elenco pubblico dei debitori nei confronti di Carige e la «punizione per i banchieri che hanno ridotto così la banca». Il vicepresidente del consiglio, attraverso il social network, ha assicurato che «d’ora in poi nessun banchiere possa più essere impunito e nessun risparmiatore possa avere la preoccupazione di dove ha messo i soldi».
A proposito dell’elenco dei debitori, Di Maio ha affermato: «Se troveremo i soliti
noti, i soliti soggetti che hanno avuto favori dalle banche in questi anni non solo ve lo comunicheremo come governo, e questa
già è una novità, ma soprattutto la faremo pagare a tutti quei banchieri che in questi anni hanno ridotto così quella banca
per fare un favore a qualcun altro».
Nella giornata di mercoledì, intanto, dopo essere stata ridimensionata a opzione «residuale», l’ipotesi di nazionalizzazione di Carige torna alla ribalta. Lo dicono apertamente Matteo Salvini, secondo cui «l’obiettivo è salvarlo sotto lo Stato», e Luigi Di Maio («Quella Di Carige non è un salvataggio, è una nazionalizzazione»). Lo conferma il sottosegretario di Palazzo Chigi Giorgetti, per il quale il passaggio al controllo dello Stato è «una possibilità concreta».
Di Maio: sarà la banca d’investimento di Stato
Di Maio è il più esplicito nell’auspicare una soluzione pubblica. «O si nazionalizza o non si mette in euro» ha detto il vicepremier
su Facebook. E in caso di nazionalizzazione «la cominciamo a usare per dare crediti alle imprese in difficoltà, alle piccole
e medie imprese, per migliorare i mutui alle famiglie, per aiutare di più i giovani a diventare indipendenti, ad andare via
di casa grazie a una banca che comincia a fare la banca d'investimento dello Stato». In realtà il decreto approvato lunedì
sera contempla in prima battuta l’ipotesi di garanzie pubbliche sulle nuove emissioni di obbligazioni di Carige, uno scenario
che ovviamente non comporterebbe alcuna nazionalizzazione.
IL DOCUMENTO / Il testo del decreto su Carige
La posizione di Tria
Non esclude la ricapitalizzazione pubblica neppure il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che tuttavia preferirebbe una
«soluzione di mercato», cioè un aumento di capitale finanziato da investitori privati. Tria ha anche precisato che una «ricapitalizzazione
precauzionale di Carige da parte dello Stato è una operazione “temporanea” perché la partecipazione di controllo deve essere
dismessa al termine del periodo di ristrutturazione concesso». La cosiddetta nazionalizzazione «sarebbe quindi a termine»,
ha aggiunto il ministro rispondendo al question time su Carige. Tria ha anche sottolineato – quasi parafrasando la celebra
frase di Mario Draghi all’epoca della grande crisi sistemica in Europa – che «il governo è pronto a realizzare quanto necessario
e con le modalità più opportune per la salvaguardia dei risparmiatori e del tessuto economico di riferimento in coerenza con
il quadro normativo europeo».
Modiano e Toti contrari a nazionalizzazione
Se questo è il clima all’interno del governo, dopo il decreto approvato lunedì sera al termine di un Consiglio dei ministri
lampo, al di fuori dell’Esecutivo le opinioni sono diverse. La nazionalizzazione di Carige «non è sul tavolo e non è necessaria,
è un’ipotesi teorica, estrema, più che residuale», afferma per esempio Pietro Modiano, commissario della banca ligure. «Carige
non c'entra nulla con Mps - sottolinea - per motivi di ordine di grandezza: per mettere in sicurezza Carige bastavano e bastano
320 milioni che il Fondo interbancario aveva stanziato con le obbligazioni e che era destinato a essere convertito in capitale
se l'assemblea avesse approvato l'aumento». Sulla stessa lunghezza d’onda Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria: «Sulla
nazionalizzazione degli istituti di credito mi trovo in disaccordo. Carige ha risorse e forze per rialzarsi sulle proprie
gambe».
S&P: intervento positivo, preservata stabilità finanziaria
L'intervento del Governo a sostegno di Carige, fatto sulla falsariga di quelli del governo precedente, «è un passo verso la
fine della storia di banche italiane problematiche», visto che l'istituto ligure «è l'ultima banca sistemica di medie dimensioni
in difficoltà e ancora in attesa di soluzione dei problemi su utili e qualità degli asset». Lo ha detto in una nota l'agenzia
di rating S&P Global Ratings, sottolineando che il decreto «preserva la stabilità finanziaria, rassicurando i correntisti
e gli obbligazionisti senior e dando agli amministratori attuali il tempo e le risorse di cui hanno bisogno per procedere
con il business plan».
L’ANALISI / Carige, Governo Lega-M5S costretto a fare come i precedenti
Quanto sta accadendo alla banca, secondo l’agenzia di rating, «non dovrebbe avere implicazioni significative per il sistema bancario italiano nel suo complesso, tanto più che Carige è relativamente piccola (quota di mercato dell'1%) anche per un contesto frammentato come quello italiano».
Carige, i commissari lavorano al piano
Intanto, al di là delle mire della politica, i commissari di Carige stanno lavorando al piano industriale che presenteranno
nelle prossime settimane per convincere gli investitori - a partire dal primo azionista, Malacalza - a sostenere l’aumento
di capitale con una operazione di mercato. Oltre al nodo della cessione dei crediti problematici, la banca è in cerca di un
acquirente. Secondo una fonte interna alla banca interpellata dall’agenzia Bloomberg, ci sono stati contatti con una decina
di potenziali compratori, tra cui le italiane UniCredit e Banco Bpm e la francese Bnp Paribas.
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