Emergono nuovi dettagli sulle lettere inviate dalla Bce alle banche europee, le bozze sui requisiti prudenziali (Srep) contenenti indicazioni sui maggiori accantonamenti da fare sui crediti deteriorati.
A quanto risulta al Sole 24 ore da più fonti, la Vigilanza europea ha suddiviso gli istituti europei con un livello rilevante di Npe in tre macro-fasce, a seconda della capacità di coprire i crediti deteriorati e del peso dello stock sul totale crediti. Per tutti, c’è un paletto temporale di partenza, il 2020, da cui Bce inizierà a prevedere determinati livelli di copertura minimi.
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Il punto di arrivo per tutti rimane quello di una copertura al 100% sui crediti deteriorati, ma con scadenze differenti a seconda della tipologia dei crediti (se garantiti o meno) e, appunto, dell’ammontare degli Npe e della forza della banca. Una valutazione che di fatto, come anticipato dal Sole 24Ore martedì scorso, viene fatta banca per banca e che, nel suo orizzonte massimo per le banche più fragili, prevede il 2026 come termine finale. La policy, in particolare, interessa i crediti deteriorati da più di sette anni se garantiti, e di due anni se non garantiti. Va detto che quelle tracciate da Francoforte nelle bozze delle lettere Srep inviate a dicembre sono indicazioni non vincolanti, e che dovranno essere discusse e declinate singolarmente in vista delle lettere finali di fine gennaio. Per questo motivo ogni istituto potrebbe avere margine per conquistare, nel dialogo con gli ispettori, variazioni o slittamenti.
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Da quanto raccolto dal Sole, lo schema della Bce prevede dunque una prima fascia di banche che raccoglie gli istituti europei in grado di sostenere senza particolare problemi i maggiori accantonamenti e il cui peso dei non performing è tutto sommato contenuto. In questo caso, le aspettative degli ispettori prevedono una copertura minima del 60% entro fine 2020 sui crediti garantiti, copertura che dovrà crescere gradualmente ogni anno per arrivare al 100% nel 2024. Sui non garantiti, la copertura minima è del 70% a fine 2020 così da arrivare al 100% nel 2023. È questo il caso di una banca come Unicredit, che ha già confermato il 2024 come la deadline indicata dalla Bce per completare gli accantonamenti, e che può contare su una copertura dello stock di Npe già molto elevata. Verosimilmente, tra le italiane, a quanto risulta al Sole 24Ore in questa fascia rientrerebbe anche Intesa Sanpaolo, che ha già evidenziato come gli impatti sugli obiettivi del Piano d’impresa non siano significativi.
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Nella seconda fascia sono invece ricomprese le banche con una capacità più contenuta di coprire i crediti non performanti, vuoi perché l’Npe ratio di partenza è maggiore, vuoi perché la forza patrimoniale per ridurlo è più contenuta. In questo caso si parte da una richiesta di copertura minima al 50% sui crediti garantiti al 2020, mentre l’orizzonte massimo per completare gli accantonamenti slitta di un anno, al 2025, rispetto alle banche di prima fascia. Per gli Npe unsecured, l’aspettativa della Vigilanza è che le coperture minime siano al 60% a fine 2020, per arrivare al totale al 2024. In questa classe dovrebbero essere ricomprese diverse banche europee tra cui alcune banche italiane che hanno già sottolineato come l’impatto della misura Bce sia contenuto. Tra queste, a quanto risulta al Sole, ci sarebbero Ubi Banca, Banco Bpm e Bper.
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Il terzo macro-gruppo ricomprende invece le banche che devono fare il lavoro più consistente sul fronte dei non performing. A queste banche Francoforte ha concesso di abbassare l’asticella minima al 40% a fine 2020 sui crediti garantiti da collaterale, per allungare a sette anni, al 2026, il termine massimo per la piena copertura. In questo gruppo, è compresa Banca Mps, che ha già rivelato il contenuto della propria bozze Srep venerdì 11. Tuttavia, a livello europeo nella fascia 3 ricadrebbero diverse banche in condizione di criticità, in particolare nei paesi dell'Est-Europa, in Irlanda e in Grecia. Non è escluso che sia il 2024, per le banche di prima fascia, così come il 2026, per quelle più deboli, siano asticelle variabili, da anticipare (per le banche più perfomanti) o posticipare per quelle più fragili.
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