Per favorire il venture capital la maggioranza pensa a un nuovo tipo di veicolo societario, la Società di investimento semplice (Sis), che potrà a investire esclusivamente in startup non quotate con il vantaggio fiscale dell’imposizione zero sui redditi di capitale.
La proposta è contenuta in un emendamento M5S, primo firmatario il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, in discussione in queste ore nelle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici di Palazzo Madama che esaminano il decreto Semplificazioni. L’emendamento avrebbe anche l’appoggio del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio.
La Sis, da costituire come Spa con capitale fino a 25 milioni raccolto presso investitori professionali o anche tramite i cosiddetti “business angels”, entrerebbe a pieno titolo come nuova forma giuridica nel Testo unico della finanza. Se la proposta sarà approvata, la Sis avrà come «oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto in Pmi non quotate su mercati regolamentati», che si trovano nella fase «di sperimentazione, di costituzione e di avvio dell’attività».
La Pmi è definita sulla base dei requisiti del regolamento Ue 2017/1129: una società che in base all’ultimo bilancio soddisfa almeno due tra questi tre criteri: meno di 250 dipendenti, totale dello stato patrimoniale al massimo di 43 milioni e fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni.
I redditi di capitale derivanti dalla partecipazione alle società di investimento semplice sarebbero esentati dalle tasse. L’emendamento, oltre a specificare che le Sis non potranno emettere obbligazioni, fissa di fatto un “tetto” alle operazioni degli investitori. Gli stessi soci che hanno costituito una o più Sis, con capitale cumulato di 25 milioni, non potranno crearne un’altra se non dopo la messa in liquidazione di una o più delle società preesistenti.
La misura si aggiungerebbe ad altri interventi già inseriti nella manovra per tentare di far crescere le dimensioni del venture capital in Italia. Tra questi, l’assegnazione a Cassa depositi e prestiti del diritto di opzione per l’acquisto delle quote detenute da Invitalia (controllata al 100% dal Tesoro) nella società di gestione del risparmio Invitalia Ventures Sgr. Quanto a risorse di provenienza diretta dello Stato, ne sono previsti 90 milioni nei primi 3 anni tramite un fondo per il sostegno del venture capital dello Sviluppo economico. Si prevede inoltre la destinazione a investimenti in fondi per il venture capital, per almeno il 15%, delle entrate dello Stato derivanti da utili o dividendi delle società partecipate dal Tesoro, a partire dagli ultimi bilanci. E poi c'è la questione Pir (piani individuali di risparmio). La legge di bilancio ha fissato un vincolo di investimento, pari al 3,5%, in quote o azioni di fondi di venture capital. In attesa del decreto attuativo, però, le emissioni del 2019 sono di fatto bloccate. Nei giorni scorsi il ministero dello Sviluppo e quello dell'Economia, dopo una riunione tecnica, hanno assicurato che entro febbraio la nuova regolamentazione sarà «pienamente operativa».
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