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Go Internet, l’aumento va in porto ma Linkem prende lo scettro

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Go Internet, l’aumento va in porto ma Linkem prende lo scettro

Il management di Go Internet il giorno del debutto all’Aim
Il management di Go Internet il giorno del debutto all’Aim

Con i mercati traballanti, e il Paese tornato in recessione (tecnica), andare sul mercato a chiedere liquidità e fare en plein non è poca cosa, soprattutto su un listino di secondo livello come quello lanciato da Borsa per le aziende piccole e piccolissime. La micro-cap Go Internet, telco regionale quotata su Aim con in pancia preziose frequenze per l’atteso 5G, brinda all’aumento di capitale da 5 milioni di euro. L’importo è lillipuziano, ma conta il segnale: mercato dei capitali vivo e vegeto anche per le formichine di Borsa.

La vera notizia, però, è un’altra e apre scenari di risiko: effetto inaspettato della ricapitalizzazione, Go Internet cambia «padrone»: lo scettro passa a Linkem che, post-aumento, diventa il primo azionista, mentre si diluiscono i fondatori, la famiglia umbra degli imprenditori Franco e Giuseppe Colaiacovo.

Dei 5 milioni chiesti al mercato, il socio Linkem, che l’anno scorso è entrata con il 20% in Go, ne ha versati 1, partecipando pro-quota all’operazione. E dunque la compagnia telefonica romana è rimasta con la medesima percentuale. Ma lo stesso non pare abbia fatto la famiglia Colaiacovo, che dalle prime stime (in attesa dei nomi sulle adesioni che arriveranno tra qualche settimana) non ha sottoscritto la sua quota parte.

Nei giorni in cui i diritti (warrant, che servivano per partecipare all’aumento di capitale) erano scambiati in Borsa, in una mattina si è registrato un passaggio anomalo per dimensioni: 3,5 milioni di pezzi ceduti, un pacchetto consistente che forse proveniva appunto dalla famiglia Colaiacovo (unica in possesso di una tale quantità di diritti, stante l’esercizio totale da parte di Linkem). Ignoto, al momento, il compratore. È certo invece che alcune sim e case di brokeraggio hanno investito in Go: Fineco e Intermonte hanno comprato azioni per conto dei loro clienti.

PER APPROFONDIRE / Si chiude l’asta per il 5G: incasso oltre i 6,5 miliardi

Per effetto della diluzione, la Gold Holding dei Colaiacovo, che era il primo socio col 25%, è probabilmente scesa mentre Linkem diventa, pur rimanendo invariata la sua quota, il primo azionista. Il ribaltone è destinato è destinato a scatenare un effetto domino: la medesima Linkem ha messo tra gli obiettivi del 2019 lo sbarco a Piazza Affari. Niente di più facile che farlo attraverso Go: la fanta-finanza immagina una possibile fusione inversa (reverse merger): ossia la piccola Go Internet (6 milioni di fatturato) che incorpora Linkem, molto più grande (125 milioni di giro d’affari) ma che diventa una «nuova» Linkem quotata in Borsa. Sarebbe la più classica delle scorciatoie per quotarsi.

Scenari, appunto. Per ora in casa Go si godono il successo ottenuto: non era scontato portare a casa (prima di Natale, Safilo ha chiuso una ricapitalizzazione che si è fermata all’80%) adesioni al 100%. La provvista di denaro fresco sarà destinata a finanziare gli investimenti per la rete 5G e a rimborsare le frequenze concesse dallo Stato.

Il «Jolly» delle frequenze

Le due aziende che vendono Internet veloce senza fili (basta installare un piccolo modem in casa) sono già unite dal punto di vista industriale: lo scorso anno hanno messo insieme le loro frequenze (tecnicamente un accordo di frequency sharing). Proprio quelle frequenze sono improvvisamente diventate pregiate e hanno trasformato Linkem e Go in una sorta di oggetto del desiderio (e dello scontento dei colossi nazionali, in particolare Vodafone). Acquistata anni fa, quella porzione dello spettro a 3,5Gigahertz snobbato da tutti i big , perché ritenuto di secondo rango, fu comprata da tutti i minori (oltre a Go, Linkem medesima e anche Tiscali) e ora è diventata improvvisamente una miniera d’oro perché quei Megahertz sono diventati compatibili con il 5G. Le Telco di Serie B si sono ritrovate in mano un «jolly» senza saperlo. I 42 megahertz di Go, calcolano gli analisti di Edison, comparati sulla base dell'asta, portano l’azienda a valere 50 milioni contro una capitalizzazione attuale di 10 milioni.

Nella foresta pietrificata delle Tlc, dove da tempo tutto è fermo nonostante l’ingresso di Iliad abbia scompaginato non poco un’industria in forte tensione, togliendo abbonati e ricavi ai big, l’accoppiata Linkem-Go sposta gli equilibri. O meglio, si candida a diventare un asset goloso per i colossi Tim, Vodafone e Wind Tre.

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