L’annuncio ufficiale arriverà nella mattinata di domani ma già oggi il consiglio di amministrazione di Unipol e quello di UnipolSai metteranno il sigillo a un’operazione chiave per la compagnia assicurativa: la cessione di Unipol Banca a Bper. L’operazione si chiuderà a un prezzo compreso tra i 200 e i 260 milioni. Somma che arriverà direttamente nelle casse del gruppo di Bologna sotto forma di contanti e che di fatto andrà a chiudere una partita da tempo sul tavolo del ceo di Unipol, Carlo Cimbri. Un traguardo che getta le basi per quello che sarà il nuovo piano industriale del gruppo assicurativo. Linee strategiche che arriveranno a maggio, dopo il rinnovo delle cariche di vertice, e che avranno come elemento centrale le polizze e la declinazione del business nel nuovo contesto di mercato.
La cessione dell’istituto completa infatti la trasformazione della galassia Unipol che di fatto smetterà di vestire i panni della “conglomerata finanziaria” per diventare un gruppo assicurativo capace di fare anche l’investitore istituzionale di peso. Quella che era la gestione diretta di una banca muterà infatti nel “governo” di una partecipazione finanziaria sempre di carattere bancario ma dal forte profilo industriale. Come è noto infatti, a valle della transazione Unipol non avrà più il controllo di Unipol Banca ma continuerà a detenere il 15% di Bper acquistato lo scorso anno. La quota, peraltro, in prospettiva potrà salire fino al 20%, come da autorizzazione di Banca d’Italia, ma molto dipenderà da come sarà il business plan della popolare emiliana che verrà presentato a stretto giro (si veda altro articolo in pagina). Da tempo, inoltre, la compagnia ha in essere con l’istituto un accordo di bancassurance, rinnovato qualche tempo fa con l’obiettivo di dare ulteriore impulso all’asse.
In questo quadro si inserisce un altro aspetto cruciale per la compagnia: il forte e positivo impatto che questa operazione avrà sul calcolo della Solvency. Come principio generale, nel computo della solidità patrimoniale, tutti gli investimenti sono valutati al fair value. Nel caso specifico delle partecipazioni in enti creditizi queste vengono considerate in ragione della quota proporzionale dei fondi propri calcolati sulla base delle norme settoriali, in questo caso Basilea III. Negli anni, dunque, l’impatto della banca sul profilo finanziario e patrimoniale del gruppo si è visto. Complice anche il lungo percorso di ristrutturazione a cui è stato sottoposto l’istituto e che ha richiesto sacrifici all’intera galassia.
Basta peraltro dare uno sguardo al Solvency II di Unipol rispetto a quello di UnipolSai, che pure ha mantenuto negli anni una partecipazione in Unipol Banca, per capire gli effetti sul conglomerato di una presenza diretta nel credito. Nei primi nove mesi del 2018 l’indicatore di solidità basato sul capitale economico della controllante era pari al 160% contro il 201% della controllata (248% quello individuale) e nel 2017 per la holding valeva il 169% contro il 206% della compagnia assicurativa.
Proprio a fine gennaio, il ceo Cimbri, in una pausa dei lavori del World Economic Forum, dopo aver bollato come «pura fantasia» l’ipotesi di una fusione a tre tra Unipol Banca, Bper e Mps, aveva sottolineato che la cessione dell’istituto alla popolare emiliana era «una possibilità». L’identikit ideale della controparte è sempre stato infatti quello di «una banca di medie dimensioni» perché, se l’operazione non va a incidere sulla taglia dell’acquirente, aggiunge comunque un po’ di valore, in quanto «è interamente depurata, pulita dagli Npl, ha una buona base di clienti, un portafoglio oggi sano e produce un po’ di reddito». Domani, peraltro, verranno presentati anche i conti del 2018 che segnano il completamento del piano triennale. I risultati, ha assicurato il ceo, saranno «tutti in linea con i programmi. Saranno positivi».
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