Parlamento europeo e Consiglio hanno trovato questa settimana un accordo su un nuovo regime di vigilanza delle controparti centrali, ossia delle casse di compensazione utilizzate nelle contrattazioni sui mercati finanziari. Il nuovo regime rafforza il controllo delle autorità comunitarie sulle controparti situate nei paesi terzi, prossimamente anche il Regno Unito, al punto che in alcune circostanze la Commissione europea potrà imporre loro di trasferirsi sul territorio comunitario.
«La sicurezza e la stabilità del nostro sistema finanziario sono una nostra priorità – ha spiegato il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis –. Mentre assistiamo alla partenza del nostro centro finanziario più importante (Londra, ndr), l’Unione europea vuole proteggere la propria stabilità finanziaria, rimanendo tuttavia molto aperta all’integrazione internazionale». Nei fatti, i Ventotto si vogliono più assertivi sull’impatto che entità terze possono avere sui mercati europei.
La riforma, che ora dovrà essere approvata da Strasburgo in sessione plenaria, è stata dettata dalla consapevolezza che le casse di compensazione, in mercati sempre più globali, si trovano spesso in paesi terzi. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, attualmente 48 controparti centrali sono attive in Europa, di cui 16 presenti nell’Unione europea, mentre altre 32 sono disperse in 15 paesi terzi (da Singapore al Brasile, dagli Stati Uniti a Dubai).
Queste attività sono cruciali nelle contrattazioni di borsa e hanno un ruolo chiave nell’assicurare la stabilità finanziaria. La riforma «è essenziale per garantire la sicurezza giuridica delle regole», ha commentato il ministro delle Finanze rumeno e presidente di turno dell’Ecofin, Eugen Teodorovici. Attualmente le controparti centrali nei paesi europei sono vigilate a livello nazionale. La riforma dà poteri di coordinamento all’Autorità europea di sorveglianza dei mercati finanziari (Esma).
Per quanto riguarda le casse di compensazione situate in paesi terzi, la loro attività nell’Unione europea è basata su equivalenze, vale a dire specifiche autorizzazioni comunitarie. L’accordo tra Parlamento e Consiglio prevede un monitoraggio delle controparti centrali in paesi terzi da parte dell’Esma, la quale potrà suggerire a Bruxelles per quelle importanti «da un punto di vista sistemico» di imporre loro il trasferimento sul territorio comunitario in modo da garantire una vigilanza diretta da parte europea.
Lo sguardo corre al Regno Unito, la cui piazza londinese è un crocevia finanziario importante. Una volta che il paese sarà uscito dall’Unione, le sue controparti centrali saranno soggette al nuovo e più stringente regime comunitario. Da notare su questo fronte che secondo i risultati di LCH, una delle tre casse di compensazione inglesi, nel primo semestre del 2018 la quantità di contratti swaps regolati in euro provenienti dall’Europa è stata pari al 6% del totale dei volumi trattati dalla società.
L’accordo a livello comunitario prevede che un comitato dedicato alle casse di compensazione venga creato in seno all’Esma per riunire le autorità degli stati membri. La stessa Banca centrale europea ha ottenuto una modifica dell’articolo 22 del suo statuto per garantire un suo maggiore coinvolgimento nella sorveglianza delle controparti centrali, ma è rimasta delusa da un compromesso che nei fatti lascia alle autorità nazionali la vigilanza sulle entità europee (si veda Il Sole 24 Ore del 24 giugno 2017).
La trattativa nel Consiglio è stata particolarmente accesa. Il Regno Unito, il cui ruolo negoziale è limitato da quando ha annunciato il desiderio di uscire dall’Unione, era evidentemente contrario all’idea di un trasloco d’autorità. Di avviso contrario la Francia che ha premuto per questa possibilità, nella speranza che Parigi possa attirare nuove controparti centrali. Il Lussemburgo, grande utilizzatore delle casse di compensazione, ha rumoreggiato sul trasferimento di nuovi poteri all’Esma.
Il nuovo regime potrebbe entrare in vigore in ottobre. Nel frattempo, con un occhio proprio al rischio di una uscita disordinata del paese dall’Unione europea il prossimo 29 marzo, Bruxelles ha deciso in dicembre di adottare un regime transitorio di un anno. Si tratta di una decisione di equivalenza che permette alle controparti inglesi di continuare a operare in Europa. Ieri la Consob ha confermato che «vigilerà sui contratti derivati Otc conclusi con controparti del Regno Unito, anche al fine di agevolarne la continuità».
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