Con il baricentro sempre ben piantato sulla rete elettrica nazionale che, non a caso, assorbirà quasi tutto lo sforzo previsto, Terna è pronta a puntare 6,2 miliardi di euro di investimenti da qui ai prossimi cinque anni per sostenere, in modo ancora più robusto del passato, lo sviluppo economico del Paese. Il nuovo piano 2019-2023 presentato oggi alla comunità finanziaria dall’ad Luigi Ferraris, affiancato dalla presidente Catia Bastioli, prevede infatti un incremento del 20% di risorse in più rispetto a quanto stanziato con la strategia precedente e non manca di rassicurare anche gli azionisti ai quali promette una politica dei dividendi generosa con una crescita annua della cedola, già nei primi tre anni del piano, del 7% rispetto all'asticella fissata per il 2018 (23,3 cent per azione).
Il focus resta la rete elettrica chiamata a sostenere la transizione energetica e a supportare in modo via via crescente l'integrazione delle fonti rinnovabili. Su questo capitolo, dunque, l’impegno della società sarà quello di proseguire lo sbottigliamento del Paese, rafforzando le linee esistenti e avviandone di nuove (il 60% delle quali, assicura la spa dell'alta tensione, sarà totalmente “invisibile” e quindi con ridotto impatto ambientale), ma anche implementando le interconnessioni con l’estero (con i due cavi Italia-Francia e Italia-Montenegro che entreranno in esercizio nell'arco di piano). Gli investimenti sulla rete saranno così suddivisi: oltre 3 miliardi per lo sviluppo dell’infrastruttura, con la partenza di diversi cantieri, tra cui quello del Sacoi 3 (il rafforzamento del collegamento tra Sardegna, Corsica e Italia); altri due miliardi andranno alle attività di rinnovo ed efficienza, mentre un miliardo circa sarà destinato al piano di difesa per aumentare la sicurezza e la stabilità della rete. Senza tralasciare un tassello che, fin dal suo arrivo al timone dell'azienda, sta molto a cuore a Ferraris: l’innovazione e la digitalizzazione del sistema su cui saranno puntati circa 700 milioni di investimenti.
Poi ci sono le attività non regolate, da cui ci si aspetta un contributo di 400 milioni di euro all'Ebitda nell’arco di piano. E qui la logica della società è molto chiara: Terna intende proporsi come fornitore di servizi a valore aggiunto «cogliendo le opportunità di mercato per i clienti del settore energetico». Mentre, sul fronte internazionale, la società proseguirà, da un lato, la gestione e il completamento dei progetti in corso in Sudamerica (Brasile, Uruguay e Perù), e, dall'altro, proverà a intercettare ulteriori occasioni di crescita, ma sempre privilegiando quelle che risulteranno essere meno rischiose e meno esose dal punto di vista dell'impegno finanziario. Nel complesso, per l’espansione oltreconfine, il piano prevede un investimento sotto i 300 milioni con un ritorno, in termini di Ebitda cumulato, di circa 150 milioni in cinque anni (in linea con il vecchio piano).
Con questo mix, la società conta di arrivare al 2023 con 2,7 miliardi circa di ricavi e 2 miliardi di Ebitda (oltre il 4% di crescita media annua su entrambi i versanti), mentre la Rab (il valore degli asset regolati) dovrebbe arrivare a 18,5 miliardi nel 2023 con ritmo di crescita annua sopra il 4% rispetto ai 15,7 miliardi attesi per il 2019 (15,2 miliardi a fine 2018). L’utile netto è previsto in miglioramento con l’Eps (utile per azione) che dovrebbe raggiungere i 42 cent a fine piano, con un incremento medio annuo sopra il 3 per cento. Lato debito, poi, il costo medio è atteso attorno all'1,6% con un rapporto tra esposizione e Rab che rimarrà sotto il 60% nei prossimi cinque anni. Quanto alla cedola, come detto, si parte con un rialzo medio annuo del 7% sul dividendo 2018 nel triennio 2019-2021. Poi, negli ultimi due anni del piano, si prevede un payout del 75% con un livello minimo comunque garantito e che sarà rappresentato dalla cedola fissata per il 2021.
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