Finanza & Mercati

Mps, Sansedoni verso la vendita. Il piano cessioni sale a 7 miliardi

  • Abbonati
  • Accedi
Servizio |credito

Mps, Sansedoni verso la vendita. Il piano cessioni sale a 7 miliardi

(fotogramma)
(fotogramma)

Mentre Mps si prepara a ridiscutere con la Commissione europea gli obiettivi fissati per il percorso di rilancio, non più a portata visto il nuovo contesto macro, dietro le quinte si lavora a un progetto per la rinascita di Sansedoni, la società immobiliare controllata dalla Fondazione Mps e dalla banca senese. Il piano viaggia su due binari. Da un lato la rinegoziazione del debito, dall’altro la riorganizzazione delle divisione real estate e servicing. La ristrutturazione del debito da 160 milioni di euro è in corso. Le banche creditrici, Mps in primis e altri istituti minori, sono in fase di istruttoria deliberativa. La società potrà dividere così le sue due anime tra la property company (che ha in pancia il portafoglio immobiliare) e la divisione servizi, che fornirà la propria attività alla property company nella fase di valorizzazione e dismissione del patrimonio e continuerà a operare sul mercato con nuovi soci. Tanto la Fondazione quanto Mps stanno cercando un partner a cui cedere la maggioranza della parte servizi e, secondo indiscrezioni, starebbero trattando con alcuni soggetti, anche internazionali. Ma quanto vale il portafoglio? Poco meno del debito ed è frazionato tra tre immobili direzionali grandi a Roma, che valgono la metà del portafoglio, edifici e porzioni di immobili in Toscana e un paio di aree edificabili.

Mps intanto dovrà decidere sul da farsi per quel portafoglio da 600 milioni di immobili che il mercato attende da tempo. Il cda avrebbe dovuto decidere a metà febbraio, poi a marzo, fatto sta che la gara non è ancora partita. Il prossimo consiglio è previsto per fine aprile. Il portafoglio è formato da 90 immobili, quasi tutti uffici di varie dimensioni. Advisor della vendita è Duff & Phelps Reag, che attende istruzioni definitive per procedere. Tra gli immobili, molti utilizzati dalla banca stessa e alcuni vuoti, ci sono asset di valore come la sede storica a Milano, in via Santa Margherita 11, a due passi dalla Scala, un immobile di pregio in via del corso a Roma, alcuni asset a Firenze, nei pressi di Santa Maria Maggiore e in Via dei Sassetti, e Siena. Ma anche edifici poco appetibili, e di scarso valore, in città minori come Rovigo, Grosseto, Orbetello, Ravenna, Follonica.

Il piano di derisking

Del resto il piano di derisking realizzato dalla banca e concordato con la Commissione Ue va avanti. Dei 600 milioni di euro di immobili complessivi da cedere che sono sul tavolo (di cui 500 milioni pianificati entro il 2021), 80 milioni sono già stati incassati nell’ambito di accordi vincolanti chiusi tra il 2017 e il 2018. I potenziali introiti relativi agli immobili si andranno ad aggiungere a quelli derivanti da altre cessioni già realizzate negli scorsi trimestri. Il più rilevante è quello relativo al business del merchant acquiring, trasferito a Icbpi (poi diventata Nexi) nel 2017 per circa 520 milioni. A questi si affiancano gli introiti relativi alle vendite della controllata belga (42 milioni) a una società partecipata da fondi gestiti da Warburg Pincus, più le altre partecipazioni detenute in Consorzio Triveneto, Bassilichi, Intermonte, Juliet, Firenze Parcheggi e altre partecipazioni di minoranza.

Benché di segno opposto sul bilancio (visto che comportano inevitabili perdite a conto economico) sono invece le cessioni relative ai crediti deteriorati, che portano a 7 miliardi il totale delle somme relative ai dossier aperti o recentemente chiusi.Dopo aver completato nel 2018 lo smobilizzo di 27,7 miliardi di Npl (grazie alla maxi-cartolarizzazione da 24 miliardi di sofferenze, a cui si è sommata la cessione di 3,1 miliardi di small-ticket e crediti in leasing e 2,3 miliardi di Utp), per il 2019 la banca ha messo nei radar il deconsolidamento di crediti non performing per circa 2 miliardi di euro lordi. Nel complesso, dunque, l’istituto dovrebbe abbattere lo stock di crediti deteriorati a 13,8 miliardi a fine 2019, che si confrontano con i 43 miliardi di Npe lordi di fine 2017.

© Riproduzione riservata