Dopo essersi spinto ai massimi da sei mesi, oltre 75 dollari al barile giovedì nel caso del Brent, il petrolio ha chiuso la
settimana con una pesante correzione. Un tonfo di quasi il 4% oggi ha fatto ripiegare il riferimento europeo sotto 72 dollari,
mentre l’americano Wti è sceso sotto 63 dollari.
Gli speculatori, ormai sbilanciati su posizioni rialziste, hanno ceduto alla tentazione di prendere profitto. E forse hanno
pesato anche le parole di Donald Trump, che si è vantato di aver ordinato all’Opec di abbassare i prezzi. I fattori di tensione
sul mercato restano comunque numerosi.
Dopo il giro di vite alle sanzioni Usa contro l’Iran – che Riad ha detto di non aver fretta di compensare – è emersa una nuova emergenza in Russia con l’interruzione dei flussi nell’oleodotto Druzhba, che trasporta verso l’Europa oltre un milione di barili al giorno di greggio Ural, buon sostituto delle forniture da Teheran.
All’origine del blocco, che ha riguardato prima il ramo nord della pipeline e in seguito tutta la rete, estesa per oltre 5mila chilometri, c’è una contaminazione di sostanze corrosive. Mosca ha fatto sapere che impiegherà un paio di settimane per risolvere del tutto il problema.
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