«L’outlook negativo significa che potremmo abbassare il rating dell’Italia nell'arco dei prossimi 24 mesi se la crescita reale del Pil fosse materialmente inferiore alle nostre aspettative, se il deficit e il debito superassero significativamente le nostre previsioni, e se osservassimo un marcato deterioramento nelle condizioni finanziarie a causa della persistente incertezza politica». È il 26 ottobre 2018. Ore 22. L’agenzia di rating Standard & Poor’s comunica di aver mantenuto invariato il voto dell'Italia (BBB) ma di aver tagliato l'outlook (cioè le prospettive future) da «stabile» a «negativo». Poi spiega cosa guarderà in futuro per decidere se tagliare davvero il rating oppure no. Uno: la crescita. Due: il deficit e il debito. Tre: lo spread dei BTp e suoi effetti su banche e imprese. Sono passati sei mesi da allora. E il giorno di un nuovo verdetto è arrivato: questa sera, sempre dopo le 22, Standard & Poor’s deciderà cosa fare del rating dell’Italia.
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Il mercato ha una certa ansia. Non eccessiva, sia chiaro: se anche il rating venisse abbassato di un gradino, infatti, l'Italia resterebbe nel campo dell'investment grade. Dunque nel campo dei rating affidabili. Ma una certa apprensione tra gli investitori non manca: non è un caso che ultimamente lo spread tra BTp e Bund sia tornato a salire, passando dai 248 punti base del 12 aprile ai 270 di questi giorni (spread 270 alla chiusura del 25 aprile, sceso a 260 il 26 aprile, ndr) . L'attesa per il rating non è l'unica fonte di tensione, ma comunque è una componente determinante. Lo dimostra il fatto che nello stesso arco di tempo siano saliti anche gli spread sul Bund di Spagna e Portogallo, ma in maniera inferiore: se lo spread italiano è cresciuto di 22 punti base dal 12 aprile, quello degli altri due Paesi è lievitato di 9 (per la Spagna) e di 6 (per il Portogallo). «Sul mercato tanti temono un declassamento», confessa un operatore che preferisce restare anonimo.
In attesa di conoscere il verdetto, si può guardare come sono cambiate rispetto a ottobre le tre condizioni poste da Standard & Poor's. Il problema principale riguarda la prima, cioè la crescita. Il 26 ottobre Standard & Poor's prevedeva una crescita dell'1,1% nel 2019. A sei mesi di distanza, però, la situazione è decisamente peggiorata: oggi le stime sul 2019 variano dal -0,2% dell'Ocse al +0,2% della Commissione europea e del Governo nel Def. È dunque presumibile che anche S&P riveda al ribasso le sue. La prima condizione per il declassamento ci sarebbe dunque tutte. Di positivo, però, c'è la dinamica degli ultimissimi mesi: dopo un balzo della produzione industriale, proprio pochi giorni fa la Banca d'Italia ha stimato che il Pil nel primo trimestre 2019 potrebbe essere salito dello 0,1%. Questo darebbe una ventata di ottimismo in più, che potrebbe spingere S&P ad attendere prima di deliberare. In fondo a ottobre si era data 24 mesi di tempo.
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Più incerta la seconda condizione, quella che riguarda deficit e debito. Il 26 ottobre S&P stimava un deficit italiano al 2,7% del Pil per il 2019. Dunque aveva già una previsione elevata. Più alta rispetto a quella del Governo. Vedremo ora le nuove stime di S&P, tenuto conto anche del rallentamento economico. La terza condizione ha invece registrato un miglioramento rispetto al 26 ottobre. Lo spread tra i BTp e i Bund è infatti sceso da 309 punti base a 270. Questo ha provocato un generale rilassamento delle condizioni finanziarie, tanto che nel 2019 le banche sono tornate ad emettere bond e a fare raccolta. L'aumento dello spread BTp-Bund - scrive la Banca d'Italia nel Bollettino economico di pochi giorni fa - ha causato un peggioramento del credito alle imprese, ma molto graduale «grazie all'abbondante liquidità e alle buone condizioni patrimoniali delle banche». I sondaggi - scrive sempre Bankitalia - indicano «segnali di irrigidimento nelle politiche di offerta di credito». Ma non si tratta di una situazione grave, come si temeva l'anno scorso. Questo gioca a favore del rating italiano di certo. Vedremo ora cosa deciderà Standard & Poor's. Tenendo presente che può benissimo prendere altro tempo.
(Aggiornato il 26 aprile alle 20.14)
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