Il fascino dell’arte sta contagiando non solo gli appassionati ma sempre più anche gli investitori meno esperti. In periodi di vacche magre in termini di ritorni negli investimenti tradizionali aumenta il popolo di coloro che pensano, o per meglio dire si illudono, di trovare nell’arte un’alternativa per far crescere i propri risparmi. Il binomio arte e investimenti è estremamente pericoloso, soprattutto per chi non è addetto ai lavori e non ha dimestichezza con questo mercato.
Plus, questa settimana, offre alcune indicazioni utili per muoversi in questo mondo poco trasparente in cui, per i non esperti, è facile scottarsi. Secondo un recente report di Ubs le vendite nel mercato dell’arte a livello globale nel 2018 hanno raggiunto 67,4 miliardi dollari, in crescita del 6% su base annua. I riflettori sono oggi accesi sul mondo dei Millennials, che più dei loro genitori, sono attratti dal fascino di Pop Art, Street Art, Art Photography... come “prodotti” di investimento.
L’arte non è per tutti i portafogli. Anche se online si vende la maggior parte delle opere nel segmento fino a 5mila dollari, il mercato è ancora in mano a chi possiede grandi patrimoni personali. Infatti è il 93% dei collezionisti Millennials HNW, con un patrimonio tra 5 e 30 milioni di dollari, che acquista opere su piattaforme online. Secondo l’ultima indagine della divisione di wealth management di Bank of America, l’approccio all’arte sta cambiando soprattutto per via delle nuove generazioni UHNW, con patrimoni ancora più alti, oltre i 30 milioni di dollari.
In particolare i Millennials facoltosi sono tra i collezionisti maggiormente attivi. Rischiano di più rispetto ai loro genitori puntando su artisti emergenti e sono anche la generazione di collezionisti che si orienta principalmente tramite i propri network nell’acquisto di opere d’arte. Sempre meno si affidano a intermediari e gallerie d’arte e preferiscono acquistare direttamente dall’artista prescelto. Come ricorda Marcello Polito di Plan X Art Gallery questo è un approccio molto rischioso. Soprattutto quando si ricercano artisti emergenti bisogna essere cauti. È importante non basarsi solo sulla community social che l’artista ha costruito (un parametro che sta assumendo comunque una importanza crescente) ma è necessario osservare l’evoluzione dell’artista e la sua attrattività internazionale. Inoltre, come ricorda l’avv. Massimo Sterpi dello studio Gop, per gli artisti emergenti esiste anche il rischio che cessino del tutto la loro attività e non abbiano quindi alcun mercato. Secondo gli esperti essendo l’arte un asset illiquido, non dovrebbe mai superare il 2-3% del proprio portafoglio. Non bisogna comprare un oggetto o un’opera solo perché è di moda. Bisogna saper aspettare, studiare e osservare le mosse e il mercato dell’artista. Bisogna poi ricordarsi che l’opera non paga una cedola come un titolo di Borsa o un BTp, quindi l’unico ritorno è il dividendo estetico, il gusto di possedere una cosa che piace.
È molto facile scottarsi. Ci sono artisti che come Richard Prince con l’Opera All’I Have Heard che nel 2000 fu battuta all’asta da Sotheby’s a 38mila dollari e che 17 anni dopo Christie’s l’ha riveduta a 2,5 milioni. O Yayoi Kusama con l’opera Pumpkin venduta tredici anni fa da Sotheby’s per quasi 17mila dollari e rivendita dalla stessa Sotheby’s qualche mese fa a quasi un milione di dollari. Casi che fanno sognare. Ma ci sono anche casi come quello di Jeff Koons - la gigantesca aragosta in acciaio inossidabile venduta per 6,8 milioni di dollari nel 2016, e due anni dopo è stata rivenduta in asta a 5,4 milioni di dollari. Oppure il caso delle opere di Damien Hirst , artista di successo una decina di anni fa ma che adesso piace meno: l'indice di prezzo di Artprice delle sue opere segna un crollo 84% rispetto al picco del 2008. Non tutti sono Andy Warhol o Banksy. Meglio ricordarselo.
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