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Borse, 9 maggio “giorno X”. Cosa accade se Trump non…

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L'Analisi |9 maggio giorno della veritÀ

Borse, 9 maggio “giorno X”. Cosa accade se Trump non bluffa sui dazi?

Ormai gli operatori finanziari, alla mattina quando osservano le prime quotazioni oscillare sui monitor, farebbero bene a prendere l’abitudine di dare anche un’occhiata anche al profilo twitter del presidente degli Usa Donald Trump. Perché sono bastati due cinguettii (data 5 maggio) per compromettere lo scenario ideale che si stava venendo a profilare per gli investitori, quello tipico della Goldilocks economy, in cui l’economia cresce costantemente ma non tanto da generare spauracchi sul fronte inflazione e, di conseguenza, sul rialzo dei tassi.

Nei suoi tweet Trump ha lanciato una minaccia concreta alla Cina. Se non cede a un accordo nelle prossime ore, dal 9 maggio gli Usa amplieranno l’aliquota dei dazi su 200 miliardi di merci cinesi importate, dal 10% al 25%. Quindi mancano poche ore per capire se Trump stia bluffando, e quindi se fa tutto parte del tipico gioco di una trattativa, o se invece abbia effettivamente perso la pazienza e quindi la guerra commerciale anziché andare verso una risoluzione (come i mercati fino a venerdì scorso ipotizzavano) potrebbe vivere un’inaspettata escalation.

«Attualmente gli Usa importano dalla Cina beni per un totale di circa 500-520 miliardi. Di questi, 50 miliardi sono gravati da dazi al 25% (partiti la scorsa estate) e 200 miliardi sono tassati al 10% - ricostruisce Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte sim - . La minaccia è di estendere anche a questi 200 miliardi l’aliquota del 25%. Questo aumento sarebbe dovuto scattare dal 1° gennaio ma poi a dicembre le due superpotenze avevano raggiunto un accordo di tregua sulla guerra commerciale».

Ora la minaccia è tornata più forte che mai. Con effetti sui mercati finanziari. Tanto che ieri Shanghai ha perso il 5% condizionando l’andamento anche delle Borse europee e di Wall Street (seppur con cali meno pesanti). Dalla Cina non sono ancora arrivate prese di posizioni ufficiali ai tweet di Trump, infuriato perché il negoziato si è fermato sulle parti del contratto che riguardano le misure da prendere in caso di mancato rispetto dei termini pattuiti.

Trump sta bluffando?
Gli esperti sono divisi, anche se al momento prevale l’ipotesi del bluff. «L'annuncio di Trump di imporre nuovi dazi ad oltre 200 miliardi di dollari di prodotti importati dalla Cina suona come un bluff per forzare i tempi di un accordo commerciale prima di entrare nella campagna elettorale in vista delle elezioni Usa del 2020 -indica Luca Riboldi, responsabile investimenti di Banor Sim - . Il mercato oggi ha dimostrato di non dare credito all'ipotesi di rottura dei negoziati, registrando un calo minimo, dell'1%. Siamo dell'idea che si arriverà ad un accordo commerciale, almeno parziale tra le due potenze, favorevole agli Usa soprattutto sulle materie prime agricole e beni industriali».

A giudizio di Neil Goddin, co-manager of the Kames Global Equity Fund «la Cina non vorrà un altro crollo del mercato ed è probabile che provi a mantenere un certo equilibrio tra notizie e opinioni, così da affievolire l'impatto dei tweet presidenziali».

Sarà interessante osservare lo sviluppo della trama nei prossimi giorni. «I mercati Usa - prosegue Goddin - hanno preso la notizia in maniera più tranquilla rispetto a quelli asiatici. E' quindi probabile che la fiducia nel fatto che per Trump questo non sia che un bluff è più alta negli Usa. Se gli Stati Uniti dovessero effettivamente dare seguito alla minaccia e imporre nuovi dazi a partire da questo fine settimana, la Cina quasi sicuramente risponderà al fuoco con il fuoco e questo frenerà i mercati nei giorni successivi. Per questo pensiamo sia più fumo e tattica piuttosto che il preludio della realtà. Come investitori di lungo termine, tentare di approfittare di questi prolungati dissidi politici è quasi impossibile, ma certamente monitoreremo da vicino la situazione».

Secondo le ultime indiscrezioni la delegazione cinese guidata dal vice premier Liu He partirà comunque per Washington questa settimana. In quel caso potrebbe anche essere che la reazione di Trump sia una delle sue tante tattiche negoziali, per uscire dallo stallo e porsi in una fase di vantaggio prima della chiusura della trattativa.

«Un’eventuale cancellazione del viaggio non sarebbe accolta con soddisfazione da parte degli operatori, poiché lascerebbe intravedere un incremento del livello di tensione. La reazione del tasso di cambio dollaro/renminbi, che a nostro avviso rappresenta un buon termometro della tensione del mercato, è stata anch'essa misurata - argomenta Fabrizio Santin, senior portfolio manager di Pictet asset management -. Rispetto alla chiusura di venerdì il cambio si è deprezzato di meno di un punto percentuale (da 6,73 a 6,78), si tratta di un movimento che registra un'increspatura marginale dello scenario geopolitico ma siamo lontani dai livelli toccati nel corso della fase acuta dello scontro (nel 2018 il renminbi si è deprezzato da 6.30 a 7 renminbi/dollaro)».

«Un aumento dei dazi quanti danni potrebbe produrre? «I nostri economisti stimano un danno sulla crescita cinese pari a -0,3% del Pil mentre qualora dovessero aumentare al 25% sulla totalità dei beni cinesi sarebbero in grado di sottrarre un punto percentuale al Pil cinese: le conseguenze per la crescita mondiale sarebbero molto negative poiché lo scenario di incertezza/tensione politica che ha caratterizzato gli ultimi mesi perdurerebbe ancora per diversi mesi. Per questo - conclude Santin - ci sembra una strategia negoziale, destinata a concludersi in maniera positiva, tuttavia è una scelta rischiosa poiché potrebbe far aumentare la tensione a tal punto da indurre i cinesi a far saltare il banco».

GUARDA IL VIDEO / In arrivo prese di profitto sui mercati

«Dal nostro punto, di vista alla luce delle informazioni che sono reperibili in questo momento, quello che emerge in modo definito è il tentativo commerciale di Trump, il quale agisce ormai con una schema consolidato (lo si era già visto in precedenza con la Corea del Nord, con il Messico, ..) di mettere sotto pressione l'avversario con una proposta non amichevole, per poi arrivare ad un accordo - sottolinea Fabiola Banfi, responsabile investimenti Valeur asset management -. In questo caso la “posta in gioco” è alta perché le ripercussioni potrebbero essere veramente negative per entrambe le controparti sia dal punto di vista commerciale, sociale-politiche che per quanti concerne i mercati finanziari a livello globale».

Prima la Cina, poi l’Europa
«Trump intende accelerare la trattativa perché il suo obiettivo è chiudere con la Cina entro fine maggio - conclude Cesarano -. Per questo sta provando a forzare i toni, con il rischio che se dall’altra parte troverà un muro il bluff dovrà trasformarsi in fatti. Trump vuole chiudere entro maggio perché poi, ad elezioni europee concluse, dovrà trattare con l’Europa e il suo obiettivo è quello di farlo magari con una Merkel indebolita. In Europa lo scontro sarà tra prodotti agricoli e settore auto».

twitter.com/vitolops

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