Non solo Unicredit (e diverse altre banche italiane) ma anche molte compagnie di assicurazione stanno rivedendo i loro investimenti in BTp. In modo graduale e, ovviamente, ribadendo l’impegno a sostenere l’Italia, come si è premurato a sottolineare lo stesso ceo dell’istituto di Piazza Gae Aulenti, Jean Pierre Mustier. Ma intanto la quota progressivamente si contrae. Per le compagnie italiane, secondo i dati dell’Ania, l’esposizione è scesa nei primi nove mesi del 2018 di oltre 22 miliardi, 15 miliardi per effetto del valore di mercato e 7 miliardi invece come contrazione di stock.
Rischio Paese, volatilità, rallentamento economico e nuove regole di Solvency II, stanno portando le assicurazioni italiane a rivedere le politiche di investimento sul debito pubblico italiano. Secondo l’indagine di Goldman Sachs Asset Management condotta per la prima volta anche sul settore insurance del nostro Paese, l’80% degli executive assicurativi italiani, considera l’euroscetticismo un grave rischio geopolitico per il proprio portafoglio. A causa di queste preoccupazioni e a seguito del picco di volatilità registrato dallo spread, le compagnie hanno mitigato il rischio attraverso una diversificazione geografica delle proprie esposizioni, riducendo gli investimenti nei titoli del debito sovrano italiano di circa il 5% nel 2018 e portando l’esposizione media sotto il 45%.
La durata del portafoglio investito in titoli di Stato italiani è pari, in media, a 7 anni. Interessante anche notare come l’esposizione in titoli di Stato da parte delle compagnie di assicurazione che operano in Italia sia comunque ancora tra le più alte in Europa: in Germania le compagnie tedesche detengono titoli governativi nazionali per una quota pari al 17% del portafoglio investito, in Francia il 32% e in Uk il dato si ferma al 19%. Come si evince dalle simulazioni fatte da Banca d’Italia sui bilanci del 2018, un incremento parallelo di 100 punti base della curva dei rendimenti relativa al complesso dei titoli obbligazionari, determinato da un aumento dei premi per il rischio, riduce mediamente il valore delle attività patrimoniali al netto delle passività di circa il 20%.
Così sul cambio di passo nelle nuove scelte di portafoglio sta impattando da un lato l’andamento dei rendimenti e dall’altro la volatilità di mercato. In particolare l’effetto della Volatility Adjustment - il meccanismo richiesto da Solvency II per mitigare l’impatto dei bruschi movimenti dello spread - è risultato limitato e pertanto molti assicuratori hanno optato per ridurre la volatilità, riducendo le posizioni in BTp. Anche Solvency II, come l’aspetto della volatilità dei titoli di Stato italiani, ha incentivato le compagnie assicurative a diversificare i propri investimenti in prodotti a spread, includendo anche le obbligazioni high yield e il debito dei mercati emergenti. Oggi la maggior parte degli assicuratori italiani sta preferendo aumentare l’esposizione in obbligazioni societarie in euro sia investment grade che high yield di elevata qualità, le quali attualmente rappresentano, secondo i dati di GSAM, in media il 22% dell’asset allocation. Secondo i dati Ania a settembre 2018 gli investimenti in obbligazioni ordinarie ammontavano a circa 140 miliardi.
Sono lontani i tempi in cui le compagnie di assicurazione avevano la maggioranza del loro portafoglio investito in BTp. Nell’ultimo decennio, anche la quota di titoli detenuti dagli investitori esteri si è pressoché dimezzata passando dal 50% del 2008 al 23% attuale. E anche gli investitori privati e i piccoli risparmiatori stanno cercando alternativa in altri titoli di debito. Resta il fatto che, se guardiamo ai rendimenti reali, oggi i titoli governativi italiani, sono, insieme a quelli di Grecia e Portogallo, gli unici che nell'Eurozona offrono ancora tassi positivi. Meglio avere titoli con rendimento reale positivo o stare alla larga dalle tensioni sullo spread? Questo è il dilemma...
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