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Borse, rimbalzo ad alta volatilità. Spread in calo a 269

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Borse, rimbalzo ad alta volatilità. Spread in calo a 269

I mercati finanziari chiudono in tono positivo l’ultima seduta di una settimana difficile, gravata dalle incertezze sull’esito delle elezioni europee di domani e dai continui colpi di scena nella guerra commerciale tra Usa e Cina. È stata la peggiore settimana dell’anno per il petrolio (che ha perso il 6,5% e anche ieri ha fallito il tentativo di rimbalzo iniziale riposizionandosi in area 67 dollari al barile). E anche quella che ha segnato la fine dell’era di Theresa May in Gran Bretagna. La premier ha annunciato che si dimetterà il 7 giugno. La sterlina ha recuperato qualcosina (lo 0,2% sull’euro e sul dollaro) ma resta in forte calo nel computo da inizio mese (-3,7% sull’euro e -3% sul dollaro).

Sul fronte italo/europeo la notizia più rilevante è il netto calo dello spread nelle ultime 24 ore. Il differenziale BTp-Bund - che solo lunedì viaggiava a 280 punti e giovedì a 275 - ha terminato a 269 con il rendimento del decennale italiano ridimensionatosi al 2,56%, i minimi da inizio maggio. Un segnale di tiepida distensione proprio alla vigilia del delicato voto europeo che preoccupa gli investitori nell’ipotesi in cui le forze sovraniste dovessero raccogliere un forte consenso. Se a inizio settimana il vicepremier Matteo Salvini ha usato toni duri nei confronti di Bruxelles minacciando di sforare i vincoli se necessario (e questo ha spinto in alto lo spread) ieri lo stesso ha smussato le dichiarazioni assicurando il rispetto delle regole.

Attacchi e dietrofront che hanno però alimentato la volatilità sul mercato obbligazionario con effetti tangibili anche sul settore bancario a Piazza Affari (il più esposto al balletto dei rendimenti dei titoli governativi) che nell’ultima settimana ha perso il 6,6%. Peggio ha fatto solo il settore “materie prime” (-9%) complice la citata correzione del greggio. Piazza Affari, che nell’ultima seduta ha guadagnato l’1,2%, ha ceduto nel complesso in settimana il 3,2%. Depurando però il dato per il maxi-stacco di cedole di lunedì, il calo settimanale netto nella settimana pre-elettorale si attenua a -1%. Vista così le aspettative dei mercati sull’esito delle elezioni europee non sono da “effetto-shock”. Come dimostra anche la ripresa nelle ultime ore dell’euro/dollaro riportatosi sopra la soglia di 1,12.

La settimana appena messa alle spalle sarà ricordata per un ulteriore calo dei tassi obbligazionari mondiali che, mediamente, sono scivolati sui minimi degli ultimi due anni. Èevidente che a questo punto gli addetti ai lavori si aspettano a breve un nuovo supporto da parte delle banche centrali. Sui rendimenti Usa ha certamente pesato il brutto riscontro sull’attività manifatturiera americana, che è peggiorata a maggio: l’indice Pmi relativo è sceso a 50,6 punti dai 52,6 del mese precedente, sui minimi da settembre 2009. La curva dei rendimenti Usa ha evidenziato una nuova inversione con i titoli a 6 mesi (2,38%) che pagano più di quelli a 10 anni (2,32%).

Nel frattempo si è ridotta la volatilità a Wall Street con l’indice Vix sceso a 16 punti (rispetto ai 20 di inizio settimana). Non siamo ancora in acque calme (10-12 punti) ma il clima si è rasserenato quando Donald Trump ha smorzato l’attacco nei confronti della società cinese Huawei. Dopo averla inserita nella lista nera delle aziende che minacciano la sicurezza nazionale, il presidente Usa ha in seguito concesso tre mesi di tregua per evitare il bando totale dagli Usa del secondo gruppo al mondo nel settore degli smartphone. Lo stesso Trump ha poi chiuso la settimana in versione “carota” affermando che il negoziato sui dazi con la Cina potrebbe chiudersi più rapidamente di quanto previsto.

La guerra, tra attacchi reali e retorica, andrà avanti. Ma gli investitori sono sempre più convinti che Pechino ha tutte le armi per poter rispondere agli attacchi di Washington. Tra le misure che la Cina starebbe valutando, stando al South China Morning Post, ci sarebbe un taglio degli acquisti di gas naturale dagli Stati Uniti. Un altro deterrente decisamente efficace nei confronti di un’escalation di provvedimenti americani contro Huawei o altre aziende cinesi è rappresentato dal capitolo “terre rare”: il mercato mondiale di questi metalli, considerati strategici in numerosi ambiti industriali, è saldamente nelle mani della Cina.

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