Le tensioni sui dazi fra Stati Uniti e Cina pesano sui risultati del gruppo del lusso Tiffany. Nel primo trimestre dell’esercizio (terminato il 30 aprile) il brand americano della gioielleria ha registrato vendite pari a 1 miliardo di dollari, in flessione del 3% sullo stesso periodo del 2018 a cambi correnti. A cambi costanti le vendite hanno visto, invece, un calo del 5 per cento. A livello di redditività l’utile si è attestato a 125,2 milionid di dollari in flessione del 12%, pari a 1,03 dollari per azione. Un risultato che comunque ha battuto le stime degli analisti sul fronte dei profitti, che secondo un sondaggio di Zacks, avrebbero stimato un utile per azione da 1,01 dollari, mentre ha deluso sul fronte dei ricavi (attesi a 1,02 miliardi). Il titolo, che da inizio anno ha ceduto il 12%, ha reagito al rialzo. Evidentemente gli analisti temevano dati ben peggiori. «I risultati del primo trimestre riflettono significativi effetti dei cambi e una drastica riduzione della spesa mondiale attribuita ai turisti stranieri» commenta il ceo del gruppo, Alessandro Bogliolo.
Un inizio d’anno, comunque, non promettente per Tiffany, tanto che i vertici hanno rivisto al ribasso le stime di utili per l’intero esercizio (+2-4% dell’utile per azione) a fronte di ricavi che dovrebbero crescere fra l’1 e il 3 per cento. D’altra parte il gruppo definisce «drammaticamente» più basse le spese dei turisti in giro per il mondo. Nel dettaglio i turisti cinesi, che contano per un terzo delle vendite a livello globale del brand, stanno spendendo più per brand locali che non per griffe straniere. A questo si aggiunge il trend di calo del turismo cinese negli Stati Uniti: nel 2018 si è registrata la prima flessione dal 2003. Un riflesso diretto si è visto sulle vendite di Tiffany realizzate grazie al turismo in America: -25% il dato nel primo trimestre dell’esercizio.
A conti fatti, quindi, il gruppo del lusso si attende una crescita delle vendite nella parte bassa degli incrementi single-digit,
mentre prima si aspettava un aumento nella parte media delle prospettive a cifra singola. Certo oltre al turismo, Tiffany
risente anche del rafforzamento del dollaro oltre all’incremento delle tariffe di esportazione dei gioielli dagli Stati Uniti alla Cina (in media +25%). Per cercare di bilanciare l’effetto sulle vendite, al momento il gruppo ha deciso di non aumentare i prezzi
in Cina, ma questo inevitabilmente avrà un effetto sui margini.
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