Andamento titoli
Vedi altroGiornata in affanno per le Borse europee (segui qui gli indici principali) che escono dalla seduta fiaccate dalla Bce, che prevede tempi grigi per l’economia dell’eurozona. I segnali contrastanti arrivati dal governatore Draghi, meno «colomba» delle attese per alcuni analisti, si traducono in tassi invariati almeno fino a metà 2020 (sei mesi in più rispetto al previsto) ma con le future aste Tltro a condizioni leggermente meno appetibili rispetto al passato. Senza contare il monito all’Italia su una riduzione «credibile» del debito. Tutto questo ha avuto una pesante ricaduta sui titoli bancari, toccati dalle vendite in tutto il Vecchio Continente, Italia in testa, dove lo spread risale in area 272. Il FTSE MIB, più volte in altalena, ha chiuso alla fine poco sopra la parità (+0,11%). Le banche, dopo una fiammata iniziale post-Bce, hanno invertito la rotta e ceduto terreno, da Banco Bpm (-1,9%) a Unicredit (-1,1%) fino a Intesa Sanpaolo e Ubi Banca.
A pesare sulle banche Draghi meno «colomba» delle attese
A incidere sulla direzione di marcia sono state le decisioni della Bce e i messaggi del governatore Mario Draghi che ha parlato di una Bce «pronta ad adeguare tutti i suoi strumenti» per assicurare «che l'inflazione continui ad avvicinarsi
stabilmente al livello da noi perseguito». E in Consiglio si è discusso anche «di nuovi tagli dei tassi e di ripresa del Qe»,
visto che «i rischi per le prospettive di crescita nell'area dell'euro restano orientati al ribasso». L'istituto di Francoforte
ha lasciato, come atteso, i tassi invariati almeno fino alla metà del 2020 (il termine prima era fissato a fine anno) e in
ogni caso finché sarà necessario «per assicurare che l'inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori
ma prossimi al 2% nel medio termine». Il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire integralmente il capitale
rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma di acquisto di attività per un prolungato periodo di tempo successivamente
al primo rialzo dei tassi «e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio
grado di accomodamento monetario». Intanto Wall Street ha aperto in lieve progresso.
Fca ha limitato i danni (+0,1%) mentre Renault sprofonda a Parigi (-7%)
Gli occhi del mercato sono rimasti puntati per tutta la seduta anche su Fiat Chrysler Automobiles che ha limitato i danni (+0,1%) dopo il fallito tentativo di matrimonio con i cugini francesi della Renault (che invece a Parigi sprofonda del 6,4%). La scorsa notte, infatti, Fca ha comunicato di voler rinunciare al progetto di
fusione da 35 miliardi di dollari e in un comunicato, il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire - che nel week end
aveva incontrato il presidente di Fca John Elkann per discutere le condizioni dell'aggregazione - ha preso atto del ritiro
dell'offerta precisando che lo Stato francese (azionista di Renault) «fin dalla presentazione dell'offerta, ha accolto favorevolmente
il progetto e ha lavorato in modo costruttivo con tutte le parti interessate». Lo stop al negoziato ha avuto effetti anche
sui titoli di Nissan e Mitsubishi Motors, alleate industriali di Renault: al termine delle contrattazioni a Tokyo, Nissan
ha ceduto l'1,70% a 750 yen, mentre la Mitsubishi Motors perde il 5,86% a 498 yen.
Male la Juventus alle prese con il toto-allenatore, seduta ok per Ferragamo
A Piazza Affari ha chiuso in calo Juventus Fc (-2,2%) dopo la corsa di ieri che aveva riportato il titolo vicino ai massimi storici. Oltre ai titoli del Lingotto, sono
rimasti indietro quelli del risparmio gestito. Scende, ad esempio, Azimut (-3,1%) che per gli analisti di Ubs è da vendere dopo il rally (+60%) da inizio anno. Gli investitori hanno poi premiato
Salvatore Ferragamo e il gruppo Leonardo - Finmeccanica, con acquisti sulle utility con Enel, Terna, Italgas, Snam Rete Gas e A2a tra i titoli migliori del listino. Chiude in rialzo Nexi dopo l'annuncio che il titolo entrerà nel Ftse Mib al posto di Banca Generali (-2,1%) a partire dal 24 giugno prossimo.
In Usa invariati a 218mila i sussidi di disoccupazione, stime 212mila
Nei sette giorni conclusi l'1 giugno, il numero dei lavoratori che per la prima volta hanno fatto richiesta per ricevere sussidi
di disoccupazione negli Stati Uniti è rimasto invariato contro attese per un calo. Secondo quanto riportato dal dipartimento
del Lavoro, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione si sono attestate a 218mila unità (dato rivisto in rialzo di
3mila unità rispetto a quello fornito la settimana scorsa). Le attese erano per un dato a 212mila unità. A metà aprile il
dato era sceso a 193mila, minimi del 1969. Il numero complessivo dei lavoratori che ricevono sussidi di disoccupazione per
più di una settimana - relativo alla settimana terminata il 25 maggio, l'ultima per la quale è disponibile il dato - è salito
di 20mila unità a 1,682 milioni.
Euro tocca il picco a 1,13 sul dollaro, il petrolio frena la sua corsa
Sul fronte valutario, dopo un balzo dell'euro salito fino a 1,13091 sul dollaro, la moneta unica a fine seduta scambia a 1,1294
(contro 1,125 alla vigilia). L’euro vale anche 122,173 yen (121,67) mentre il rapporto dollaro/yen è a 108,189 (segui qui le principali divise). Dopo lo scivolone di ieri con l'aumento delle scorte di greggio, è in flessione, invece, il petrolio:
il Brent con contratto di consegna ad agosto vale 60,5 dollari (-0,18%) e il Wti su luglio 51,5 dollari (segui qui l'andamento del greggio). Le ultime sedute sono state dominate da una volatilità in aumento sul forex, come testimoniato dal
Cvix (un indice di volatilità costruito da Deutsche Bank) che è tornato sul livello più alto da due mesi, sottolineano gli
analisti di Mps Capital Services. Alla luce del calo dei prezzi del greggio, Barkindo, segretario generale dell’Opec, è intervenuto
dichiarando che il Cartello e gli alleati terranno conto della congiuntura economica negativa nel prossimo incontro e saranno
«inflessibili» per riportare le scorte a livelli normali.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
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