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Open Fiber, la cessione del 50% Cdp condizionata al gradimento Enel

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infrastrutture

Open Fiber, la cessione del 50% Cdp condizionata al gradimento Enel

Più che uno statuto sembra un dettagliato regolamento di condominio. I patti parasociali di Open Fiber non sono pubblici, lo statuto invece sì, ma tanto basta a evidenziare che in questa fase il coltello dalla parte del manico ce l’ha l’Enel, tanto più che almeno fino a quando resterà al volante Francesco Starace, l’intenzione sembra essere quella di vender cara la pelle. Nello statuto di Open Fiber, dunque, si legge che «l’alienazione di azioni della società è condizionata al gradimento del consiglio di amministrazione», che, sul punto, delibera a maggioranza. Il board della joint della fibra è però perfettamente paritetico e quindi, in caso di disaccordo tra i due soci Cdp e Enel, la maggioranza non sarebbe raggiunta. Sei sono i componenti, tre consiglieri per ciascun schieramento: il presidente Franco Bassanini, il cfo Mario Rossetti, il direttore finanziario di Cdp Equity Matteo Fanciullacci per Cdp, l’ad Elisabetta Ripa, il direttore delle risorse umane dell’Enel Francesca Di Carlo e il capo degli affari legali finanziari dell’Enel Francesca Romana Napoletano per il gigante elettrico. Salti della quaglia non sono contemplati. Se Cdp volesse trasferire il suo 50% di Open Fiber a Telecom in cambio di azioni della compagnia telefonica - ancora prima di offrire la quota in prelazione all’altro socio - dovrebbe presentare una richiesta di gradimento al consiglio di Open Fiber, «allegando alla stessa idonea documentazione in grado di attestare il possesso da parte degli acquirenti» di una serie di requisiti, tra cui - si legge sempre nello statuto - «avere dotazioni economiche e finanziarie adeguate per sostenere pro-quota gli investimenti che la società prevede di realizzare sulla base del piano industriale esistente al momento dell’ingresso del socio nella società». Oggi sono previsti 6,5 miliardi di investimenti da qui al 2023, ma considerato che il piano è “coperto” dal projet financing già negoziato con le banche, tecnicamente questo non dovrebbe essere un ostacolo, ma l’acquirente - tanto più se fosse Telecom con Cdp rafforzata nel suo azionariato - si impegnerebbe di fatto a completare gli investimenti per la rete in fibra ottica a copertura nazionale.

Ma c’è anche un altro passaggio nello statuto che indica che Enel è un azionista un po’ “più uguale” degli altri, retaggio dell’eredità storica - Enel Open Fiber era nata per iniziativa di Starace - ma anche segnale di “risconoscimento” di una buona gestione, affidata all’Enel che fino a tutto il 2021 ha diritto, per i patti stipulati, a esprimere l’ad. Se infatti il trasferimento delle partecipazioni avvenisse per un corrispettivo superiore all’11% dell’IRR - «tasso di rendimento annuo composto cui capitalizzare i flussi di capitali» apportati dai soci - allora la cessione sarebbe «condizionata» anche «al gradimento dell’Enel», che non potrebbe negarlo se le venisse corrisposta «una somma pari al 60% della parte di corrispettivo eccedente il suddetto 11%» o se venissero emesse nuove azioni «in modo da assicurare il medesimo risultato». Secondo alcune stime, sopra i 2 miliardi di valutazione dell’equity di Open Fiber, dovrebbe applicarsi anche questa clausola.

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