Per la famiglia Benetton è il momento delle scelte. La dinastia si è data un anno di tempo per capire se si possono ricomporre gli equilibri messi a dura prova dalla scomparsa di Gilberto Benetton, o, in alternativa, se è giunto il momento di creare in Edizione le basi per una “divisione potenziale” tra i quattro rami famigliari. Sarà questa, secondo fonti finanziarie, la vera sfida di Gianni Mion, richiamato a Ponzano Veneto con il ruolo di presidente della holding dopo un confronto serrato interno alla famiglia. Una decisione non condivisa da tutti i rappresentanti della dinastia e che, in certo senso, qualcuno sembra aver subito, pur avvallando formalmente il cambio al vertice.
Nella cabina di comando di Edizione, dopo la scomparsa di Gilberto e Carlo, siedono quattro rappresentanti della seconda generazione: Alessandro Benetton, Christian Benetton, Franca Bertagnin Benetton, Sabrina Benetton. Vicino a loro, in veste di soci fondatori, Luciano Benetton e Giuliana, rappresentanti della prima generazione, e Massimo che insieme a Sabrina, unica a concentrare il doppio ruolo, sono figli della seconda generazione. Sullo sfondo, senza alcun incarico se non quello legato alla società degli eredi di Gilberto (Regia), c’è Ermanno Boffa, marito di Sabrina e stimato commercialista di Treviso che inizialmente si era candidato a entrare in cda salvo l’opposizione dei soci fondatori di Ponzano Veneto.
Secondo quanto è possibile ricostruire i quattro rami famigliari hanno esaminato nell’ambito di una dialettica costruttiva molteplici assetti al vertice. Nelle ultime settimane si è però coagulata inaspettatamente una maggioranza intorno a una figura, Gianni Mion, vecchia conoscenza di Edizione e artefice della creazione dell’attuale impero che fa capo alla holding.
Mion è stato proposto, si apprende, da Sabrina, Christian e Franca Bertagnin. Dunque, tre rami su quattro. Una maggioranza che in un certo senso è risultata “circostanziale” e che per i tempi e le modalità di espressione è apparsa quasi un blitz. Luciano Benetton ed il figlio Alessandro si sono allineati così a una volontà sovrana a cui lo statuto di Edizione affida le scelte che contano. Ma gli equilibri effettivi interni alla dinastia ne hanno risentito con Luciano, simbolo della vecchia generazione, rimasto improvvisamente isolato.
Naturale, dunque, e altrettanto fisiologico che stia maturando per alcuni rappresentanti della famiglia la necessità di rivedere una governance diventata troppo stretta alla luce del ricambio generazionale e con essa anche una struttura che concede pochi margini di manovra a chi volesse valutare una sorta di scissione di Edizione, entrando in possesso della quota parte del tesoretto accumulato nella holding. Nessun tema è stato posto formalmente da rappresentanti della famiglia, ma c’è chi inizia a parlarne negli ambienti finanziari. «Non ci sarà alcuna progettualità di nuovi investimenti nei prossimi dodici mesi, ma si cercherà di definire un assetto più flessibile e moderno», riferisce una fonte che preferisce restare anonima.
Del resto la holding di Treviso, che nell’ultimo bilancio che sarà approvato a fine giugno secondo indiscrezioni ha deliberato la distribuzione di un dividendo di circa 150 milioni (in linea con lo scorso anno), ha assunto le forme di una società sempre più ricca con partecipazioni che spaziano dallo storico business dell’abbigliamento, alla ristorazione (Autogrill) fino alle grandi infrastrutture (Atlantia-Abertis e Cellnex). A ciò si somma un patrimonio immobiliare che vale secondo alcune stime 2 miliardi di euro, concentrato in Edizione Properties, e un pacchetto di partecipazioni finanziarie dove spicca il 4% nelle Generali. Il tutto per un net asset value di oltre 12 miliardi.
Secondo alcune fonti, una soluzione che a questo punto potrebbe agevolare una eventuale divisione tra i rappresentanti della dinastia e che potrebbe essere messa sul tavolo nei prossimi mesi è quella di procedere alla quotazione di Edizione, con i singoli rami che in questo modo riuscirebbero in parte a valorizzare il loro patrimonio e sarebbero liberi di liquidare il loro pacchetto in qualsiasi momento. Chiaramente si tratta di ipotesi, suscettibili di aggiustamenti, ma funzionali a governare una famiglia oramai troppo allargata.
L’alternativa è aprire il capitale di Edizione, controllata al 25% ciascuno dai quattro rami della dinastia, a investitori terzi che potrebbero entrare in minoranza (rilevando per esempio la quota di un singolo ramo) o in maggioranza se nel frattempo altri rappresentanti della holding maturassero la convinzione di liquidare parte dell’investimento oggi immobilizzato. Più complesso, si fa notare, sigillare un nuovo patto di famiglia capace di governare una dinastia sempre più numerosa. In questo quadro non si esclude nemmeno che si formi una nuova maggioranza che punti allo status quo e faccia valere l’attuale statuto della società che prevede, nel caso in cui qualcuno dei soci decida di uscire, di offrire in prelazione agli altri azionisti il pacchetto di proprietà.
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