Dopo avere incassato la bocciatura del progetto di joint venture con Tata steel (limitatamente al perimetro legato all’acciaio al carbonio europeo), ThyssenKrupp rimette mano al piano di riorganizzazione con un nuovo focus, orientato a massimizzare valore e performance con un portfolio il più flessibile possibile. I costi corporate saranno tagliati per circa 200 milioni di euro, con una riduzione di organico di 6mila persone. La divisione steel europe (quella che comprende gli asset che fino a poche settimane fa avrebbero dovuto essere conferiti alla jv con Tata) diventa ora strategica, anche se 2mila esuberi verranno da quest’area. Il gruppo manterrà la maggioranza nel business e sta già studiando una strategia di riposizionamento, affidata al nuovo ceo Premal Desai. «C’è molto da fare - ha detto il nuovo ceo -, la situazione di mercato non è facile, ma abbiamo una posizione forte e molto potenziale». Nel secondo trimestre (alla data del 31 marzo), l’ebit adjusted della divisione è stato di 38 milioni, con un crollo dell’81% rispetto ai 197 del corrispondente periodo dell’anno precedente. Il consolidamento - spiegano i vertici di Essen - resta un’opzione, ma non più su larga scala, vista l’ostilità della Commissione europea.
Altro business che resterà saldamente sotto il controllo del gruppo tedesco è Materials services, divisione che con 7,1 miliardi fatturati nel primo semestre (l’anno fiscale chiude a settembre) è la più pesante per volumi all’interno del gruppo e comprende anche la principale controllata di ThyssenKrupp in Italia, Acciai speciali Terni, specializzata nella produzione di piani in acciaio inossidabile. Nei giorni scorsi i vertici dell’azienda umbra hanno raggiunto con i sindacati un faticoso accordo per un piano industriale-ponte che aggiorna l’accordo del 2014 scaduto a dicembre, e prevede circa 60 milioni di euro di investimenti, confermando la strategicità del sito di Terni (fino a un anno fa in cerca di compratori) nel business di ThyssenKrupp. Si prevede un aumento dei volumi produttivi, che passano da 940mila tonnellate di acciaio ad un milione di tonnellate; inoltre sarà incrementa la produzione di laminati a freddo.
Resta invece ancora da decifrare il futuro dell’altra grossa controllata italiana del gruppo di Essen, vale a dire Berco, l’azienda di Copparo, in provincia di Ferrara (controlla anche un sito produttivo a Castelfranco veneto, in provincia di Treviso) che produce componenti sottocarro per macchine movimento terra cingolate. Berco appartiene, nell’universo ThyssenKrupp, a Components technology, divisione che, insieme a Industrial solutions e Marine systems è destinata a un percorso di riorganizzazione aperto a forme diverse di controllo, inclusa una riduzione a una partecipazione di minoranza. «Non sono in grado di commentare, è troppo presto per avere un quadro dettagliato della situazione, solo da fine agosto dovrebbero iniziare a emergere i primi dettagli - spiega Massimiliano Burelli, presidente di ThyssenKrupp Italia e presidente di Berco -. Da circa un anno Berco, pur restando nell’ambito Components technology, è stata fusa all’interno della business unit Forged technologies, una scelta corretta che ha permesso all’azienda di sfruttare sinergie tecnico-produttive e migliorare la propria performance. I conti di Berco stanno migliorando - conclude -: l’azienda ha avuto momenti difficili, ma nell’esercizio scorso la ristrutturazione si è conclusa e i numeri di questo esercizio sono di indubbio miglioramento».
L’ultimo mattone del piano di riposizionamento di ThyssenKrupp è l’avvio dell’iter della quotazione della divisione ascensori. La controllata italiana comprende oltre alla divisione commerciale anche un’unità produttiva a Pisa, per una forza lavoro complessiva di 200 persone, che nei piani della casa madre tedesca rientreranno nel perimetro dell’Ipo.
Il gruppo tedesco dell'acciaio Thyssenkrupp ha conseguito nella prima metà dell’esercizio 2018/19 un aumento delle vendite del 2% per 20,4 miliardi di euro. I nuovi ordini sono aumentati del 4% a 20,5 miliardi di euro mentre l’ebit rettificato è sceso da 943 milioni di euro a 685 milioni. A fronte di questa strategia di riposizionamento cambia anche il prevedibile scenario di medio periodo atteso dal gruppo. L’outlook ora comprende la divisione steel europe e incorpora anche le turbolenze legate al mercato dell’auto e in generale ai business legati alla divisione material services (l’ebitda e il portafoglio ordini di Ast, per esempio, sono condizionati dalle pressioni alle frontiere dell’import da Oriente, in particolare dalla Thailandia). In questo quadro, l’ebit consolidato dovrebbe collocarsi alla fine dell’esercizio tra gli 1,1 e gli 1,2 miliardi di euro.
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