Venti di guerra in Medio Oriente, banche centrali sempre più «colombe» e un ritorno della speranza sulle trattative commerciali Usa-Cina hanno dato una scossa ai mercati finanziari negli ultimi giorni, con un impatto importante sull’oro e sul petrolio: entrambi hanno registrato il maggior rialzo settimanale da circa tre anni a questa parte.
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Il metallo prezioso ieri ha bucato brevemente la soglia psicologica dei 1.400 dollari l’oncia, spingendosi oltre 1.410 dollari, un record dal 2013, quando è emerso che gli Usa erano sul punto di colpire l’Iran come ritorsione contro l’abbattimento il giorno prima di un drone americano.
L’attacco sarebbe stato evitato all’ultimo minuto per volontà di Donald Trump, che in seguito ha cercato di smorzare i toni con Teheran, ma l’oro ieri sera continuava comunque a scambiare su livelli elevati, intorno a 1.395 $/oncia, in rialzo di quasi il 4% rispetto a una settimana prima.
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Il rally del lingotto appare molto solido dopo il superamento di importanti resistenze tecniche. Ad innescarlo sono state le politiche monetarie accomodanti annunciate da diverse banche centrali, compresa la Bce, ma in particolare hanno pesato le aperture della Federal Reserve, che nei prossimi mesi potrebbe taglare i tassi di interesse per la prima volta dal 2008.
Il dollaro si è indebolito e il rendimento dei Treasuries a dieci anni è sceso sotto il 2%, cosa che non accadeva da novembre 2016 (ieri c’è stato comunque un modesto recupero, sia per il biglietto verde sia per il rendimento dei titoli di Stato Usa).
L’entusiasmo per gli stimoli annunciati dalle banche centrali e la conferma di un colloquio fra Trump e il presidente cinese Xi Jinping al prossimo G20 ha ridato sprint anche ai listini azionari. I principali indici di Wall Street hanno raggiunto nuovi record storici sempre nella giornata di giovedì (ieri la seduta si è conclusa vicina alla parità). Nella stessa giornata le borse europee si erano spinte ai massimi da oltre un mese.
Lo slancio maggiore l’ha tuttavia ritrovato il petrolio. Il Wti in particolare ha concluso la settimana migliore da dicembre 2016, in rialzo di quasi il 10% e sopra 57 dollari al barile. Per il Brent, che ha riguadagnato quota 65 dollari, il progresso è stato intorno al 5%.
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Nel caso del greggio l’escalation in Medio Oriente è stata determinante. E ieri sulla scena è comparso un altro fattore rialzista: un incendio nella raffineria Philadelphia Energy Solution, la più grande sulla East Coast degli Stati Uniti, ha fatto impennare di oltre il 4% le quotazioni della benzina al Nymex.
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