Food24

Dalle Alpi all'Aspromonte: ecco le "signore degli agnelli"

  • Abbonati
  • Accedi
Il casaro

Dalle Alpi all'Aspromonte: ecco le "signore degli agnelli"

In montagna vale da sempre la parità di genere: il termine pastore si declina al femminile senza imbarazzi o tentennamenti. La pastora è figura quasi mitologica, legata al gregge e agli altipiani: affronta le transumanze a cavallo, cammina per valli e scarpate, resiste ai lupi. E’ stata nomade, ma oggi si muove tra tradizione e modernità: munge, chatta e, in qualche caso, pratica il Tai Chi Chuan. Produce bio, vende il formaggio al mercato rionale e studia packaging innovativi per i suoi prodotti. Teme la burocrazia, però, più degli agguati del lupo, che, come scrive Paolo Rumiz raccontando la Lunigiana, sugli Appennini «è una presenza sovrannaturale. Galleggia nell’aria».

La pastora di Zeri

Zeri, le signore degli agnelli

Proprio nelle valli di Zeri, vicino a Massa Carrara, tra Liguria, Emilia e Toscana, le donne che si dedicano alla pastorizia le chiamano “le signore degli agnelli”: recuperano le radici e le tradizioni dei padri e rivendicano il loro ruolo di produttrici di beni primari. Chiedono «di poter lavorare meglio, di avere servizi reali e semplificazioni normative, di essere supportate nel sistema di commercializzazione dei prodotti – carne, latte, lana – e in quello che integra turismo, gastronomia e ospitalità del territorio». Cinzia, Patrizia e le altre si sono consorziate per tutelare l’agnello di Zeri, presidio Slow Food: su 16 allevatori, le donne sono più di 10.

Valentina e i lupi

Valentina Merletti è una pioniera: si sveglia all’alba, munge le pecore e le porta pascolo. Accompagna i figli a scuola, li riprende. Poi lavora al caseificio. Rifarebbe mille volte la stessa scelta: nel 2001, a 21 anni, ha lasciato il lavoro da fiorista per dedicarsi agli animali allevati dai nonni. Il marito ha un impiego in città, a Pontremoli, e torna a casa solo il fine settimana. «Ho insegnato ai miei bambini a infilare le mani nella terra, a giocare con gli animali. Il mio sogno è di continuare ad allevare le mie cento pecore zerasche. Senza più vessazioni di enti e istituzioni, però». Qualche mese fa i lupi le hanno ammazzato alcuni animali, quindi è scesa oltre la soglia del 70% dichiarata per ottenere i contributi (circa 25 euro a capo): «Con tre pecore in meno, sono stata multata per 6mila euro, nonostante i verbali della Asl comprovassero le aggressioni subite dal mio gregge». Ma non si è persa d’animo: quando ne ha l’occasione, Valentina organizza escursioni “pastorali” per turisti.

Barbara Conti

Il “galletto” di Barbara Conti

Barbara Conti a Berguagliara alleva bovini (mucche di razza austriaca) e pecore (35 capi) che, da maggio a novembre, porta in alpeggio a Formentara. Nella sua azienda agricola “I tre fantoti” si occupa soprattutto di trasformare il latte vaccino in caciotta, stracchino, yogurt, mozzarella e ricotta, che poi vende a botteghe e ristoranti. Da poco prepara anche budini al cioccolato e panna cotta. I visitatori più fortunati riescono ad assaggiare il suo “galletto”, impasto dolce e tiepido, che affiora tagliando la cagliata, prima che venga deposto nelle forme a stagionare.

Le capre dell’artista pastora Bonaria Manca

Sugli Appennini, pastorizia in rosa

Nel nuorese, in Aspromonte, in Trentino e sul resto degli Appennini, la pastorizia è sempre più rosa: da qualche tempo Anna Kauber si sta interessando alla vita delle pastore. Architetta, specializzata in paesaggio agrario, si è già dedicata con passione ai contadini del territorio parmense: quell’esperienza si è trasformata nel libro “Le vie dei campi”. Di recente ha approfondito il tema della specificità di genere in agricoltura con 9 video, presentati ad Expo: i suoi “Ritratti di donna e di terra” raccontano, con tocchi di pura poesia, la relazione femminile con cibo e territori.

La filmaker risale alle implicazioni culturali, sociali, economiche che determinano i nuovi fenomeni rurali. E così dalla sua ricerca appena avviata trae già alcune indicazioni: «Le nuove donne pastore hanno fra i 35 e i 40 anni, ed è principalmente il rapporto con gli animali a determinare la loro scelta. Che è anche una proposta educativa diversa per i figli. Sono più capaci di un’intesa profonda con il loro gregge: sanno trattare meglio le mammelle per la mungitura e “capire” intuitivamente il latte durante la preparazione del formaggio. Sono più dolci durante la tosatura. Usano mani, cuore, intelligenza e l’antica alleanza con la terra. Ma anche il digitale».

In Aspromonte c’è Laura che “capisce” il latte

«Io il latte lo capisco, quando sta per cagliare me ne accorgo guardandolo, mio marito invece ci deve mettere il dito o usare il termometro»: Laura Stilo ritiene, con un pizzico di ironia, di avere, in quanto donna, una marcia in più. Nel Parco nazionale dell’Aspromonte, a Canolo, da bambina faceva colazione con ricotta calda di capra e pane duro abbrustolito. Oggi ha un allevamento e un’azienda agricola con il marito Antonello, “Sapori antichi d’Aspromonte”, ma le sue collaboratrici più fidate sono Gisella e Maria, di 43 e 50 anni. Greggi e donne anche in Sardegna: Monica Saba ad Arbus ha ripreso l’attività dei nonni. Nel 2005 ha avviato nella sua azienda Genn’è Sciria la trasformazione del latte ricavato da capre che vivono allo stato brado, nutrendosi di macchia mediterranea ed erbe aromatiche. Poi si è data al food cheese design: dopo aver reintrodotto la pecora nera, tipica della zona (30 esemplari), ha realizzato un packaging innovativo con tessili selvatici di lana autoctona sarda, termoigrometrica, che mantiene inalterate le caratteristiche organolettiche del formaggio.

Marzia Verona, blogger e pastora

Storie di pascolo vagante

Laura ed Eliana a Bionaz, in Valle d’Aosta, sono colleghe: allevano capre di razza Camosciata delle Alpi. Frequentano gli stessi mercatini, hanno i banchetti vicini, ma non si fanno concorrenza. Sostengono che l’esperienza della maternità faciliti i rapporti con gli animali. E i rapporti con gli animali migliorano quelli umani. Marzia Verona scrive Storie di pascolo vagante, un blog in cui racconta la vita dei pastori. La scrittrice torinese lo fa calandosi totalmente nella loro realtà: sul web narra di sentieri, baite, fontane, suoni di campanelle, belati e muggiti. Di piccoli produttori e formaggi antichi. Christian Signol ha scritto Maria delle pecore, la vita vera di una pastora francese di Cahors, abbandonata in fasce su un pascolo.

“Adotta una pecora”

Dall’Abruzzo Manuela Cozzi lancia un sos: la sua campagna “Adotta una pecora” è tutta in difesa della natura e contro l’abbandono della montagna e il degrado ambientale. Chi aderisce, con un contributo annuo di 190 euro, potrà seguire il proprio animale al pascolo, durante il parto, l’allattamento, la tosatura, la transumanza. E ricevere agnello, latte, formaggi, ricotta e lana. Stessa procedura per diventare genitori adottivi di una pecora doc da Montébore, formaggio raro (presidio Slow Food), prodotto dalla cooperativa Vallenostra in provincia di Alessandria.

Agitu la capra felice azienda biologica

Le capre felici di Agitu

In Trentino tutti conoscono la storia di Agitu: è arrivata in Italia da Addis Abeba, dove con i suoi genitori lottava contro il land grabbing, lo sfruttamento dei terreni da parte delle multinazionali. Nel suo paese era diventata una presenza scomoda. Ha studiato Sociologia a Roma, poi si è stabilita a Valle San Felice, in val di Gresta. Fa la malgara, convivendo anche con gli orsi: se proprio serve li allontana con qualche fuoco d’artificio. Su 11 ettari pascola 70 capre locali, razza pezzata Mochena a rischio d’estinzione, e gestisce un piccolo caseificio e un agriturismo sociale. La sua azienda si chiama La capre felice: ha ottenuto premi e riconoscimenti per i suoi eccezionali caprini biologici, inseriti nell’Arca del gusto di Slow Food.

Bonaria Manca, 90enne artista-pastora

Bonaria Manca, gregge d’artista

E poi c’è Bonaria Manca, 90 anni. Nata in Sardegna, vive a Tuscania dove è stata pastora, ma con indole d’artista: canta, ricama e dipinge su tutti i muri della sua casa, oli e gessetti fino al soffitto. Realizza mosaici in pietra e opere su legno e tela, in un dialogo intimo con la natura. Tra i suoi soggetti preferiti pecore e capre che da giovane governava con fierezza a cavallo. Un comitato propone adesso di tutelare il suo prezioso patrimonio, al quale guarda con attenzione anche il Ministero dei beni culturali.

© Riproduzione riservata