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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2012 alle ore 19:01.

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Modelli classici o, addirittura, storici, pezzi in edizione limitata sia per uomo sia per signora, in quest'ultimo caso spesso tempestati di diamanti, nuovi materiali (come il silicone per i movimenti) e tanti, tantissimi orologi blu. Ecco le tendenze emerse al Sihh di Ginevra e a Baselworld, i due appuntamenti in cui i super brand dell'orologeria svizzera presentano ogni anno le novità che qualche mese dopo immetteranno sul mercato.

Un mercato che, nonostante il rallentamento previsto per quest'anno, è sempre in spolvero e che ha confermato l'anno scorso alcuni punti fermi. Ad esempio, la classifica dei top brand: Rolex è sempre il primo al mondo con un fatturato di 4 miliardi di franchi nel 2011. Sul podio, Cartier con 2,2 miliardi e Omega con 1,95; ancora sopra il miliardo, anche se di poco, soltanto Patek Philippe (per l'esattezza, 1.050 milioni). In termini di gruppi, invece, Swatch controlla il 17% del mercato mondiale, seguito da Richemont con il 14,7% e da Rolex con l'11,4. Con la recente acquisizione di Bulgari Lvmh si porta al quarto posto, ma con una quota per ora più piccola: il 4,5%. Il tradizionale riserbo dell'industria elvetica degli orologi non sembra valere per gli analisti di Vontobel che, nel tradizionale report primaverile, squarciano il velo su numeri e strategie di un settore che anche nel 2012 sarà da primato, grazie alla significativa performance in Asia (ovviamente escluso il Giappone).

La Grande Cina, la maxiarea che include la Repubblica popolare, Hong Kong, Taiwan e Macao, pesa già per il 32% dell'export della Confederazione, che l'hanno scorso è balzato del 9,3% a 19,3 miliardi di franchi. Solo Hong Kong rappresenta una quota del 21,2% e già nel 2008 ha rimpiazzato gli Stati Uniti come principale cliente. La strepitosa performance dell'ex colonia britannica è motivata essenzialmente dall'assenza delle tasse che si pagano sulla terraferma: secondo Cheuvreux, un Rolex Submariner in acciaio che a Shanghai costa al pubblico l'equivalente di 7.921 euro si paga a Hong Kong 6.067. A Shanghai, sempre secondo Cheuvreux, su ogni prodotto di lusso gravano Iva al 17%, tassa d'importazione dell'11 e tassa sul consumo del 20. Balzelli che sembrerebbero in via di diluizione nel medio periodo.

È proprio questo il motivo principale, dunque, del viavai di cinesi che ogni weekend volano a Hong Kong, dove si formano lunghe code in perfetto stile settimana dei saldi davanti ai flagship store dei marchi più prestigiosi. Ma, nonostante l'altalena dei prezzi al pubblico, è tutta l'Asia che vive una febbre da orologi: secondo un'elaborazione di Vontobel su dati delle dogane elvetiche, verso Taiwan, Corea del Sud e Thailandia si esporta addirittura più che verso la Russia. Una tendenza a dir poco sorprendente. Insomma, la battaglia per accaparrarsi lo shopping degli appassionati di tutto il mondo è frenetica. Gli ingredienti sono l'apertura di negozi faraonici nelle strade più famose, l'abbinamento a testimonial celeberrimi, la sponsorizzazione di eventi sportivi come la Formula uno e le regate.

Ma sul futuro del settore pesa come un macigno l'attesissima decisione dell'Antitrust svizzera (Comco) riguardo al blocco della fornitura a terzi di movimenti meccanici e componenti da parte di Swatch Group: una delibera definitiva è attesa per il secondo semestre. «Le aziende svizzere che sono dipendenti da terze parti – conclude Vontobel – dovranno trovare fornitori alternativi o investire in propri stabilimenti di produzione. Ciò porterà a un ulteriore consolidamento dell'industria orologiera elvetica, con Swatch Group e Richemont ben posizionate grazie alle proprie confortevoli liquidità».

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