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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 13:57.

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Si sente il peso del trattino quando arrivi in Friuli-Venezia Giulia. È un segno pesante della storia. Ci arrivi convinto di proseguire la piattaforma produttiva del NordEst e ti ritrovi nella geocomunità di Italo Svevo e Carlo Michelstaetter e ti confronti con i microcosmi di Claudio Magris.

Ti viene addosso mezza Europa, o per dirlo bene, l'Europa di mezzo. Senti il peso e la ricchezza della frontiera nel suo produrre identità che non stanno nel margine ma nell'attraversamento. Il trattino la rende un mosaico di territori, a cavallo tra nordest ed eredità mitteleuropea. Dopo l'89 in bilico tra la condizione storica di frontiera del capitalismo e la scommessa di farsi spazio di connessione tra le due europe e tra queste e il Mediterraneo. Qui la crisi tende a divaricare le spinte centrifughe che covano sotto la cenere, mettendo in tensione gli schemi di intervento unitari della politica regionale. Una terra la cui rinascita dalle ceneri del terremoto, facendo leva su autonomia e operosità locale, ha lasciato memoria. Non a caso è citata da esempio per il terremoto dell'Emilia dal Capo dello Stato in giù.

Il Friuli è dentro una lenta transizione che si declina a seconda dei portati storici del mosaico territoriale che la compone. Anche qui l'industria tiene perché l'export cresce (+7,6 % 2011 sul 2010) anche se meno del resto del NordEst. Lo spazio di posizione dei suoi mercati di sbocco vive una transizione vischiosa: rimane profondamente europeo (il 55 % è verso i paesi Ue) ma cresce la componente dei Brics che rimangono bassi (12 %) ma in aumento al 30 per cento. Cresce il peso dell'export qualificato high-tech, salito tra 2003 e 2011 di 4 punti percentuali. Nella Venezia Giulia goriziana rimane importante il navalmeccanico dei grandi cantieri che da solo fa schizzare al 68% la propensione all'apertura commerciale della provincia. Cambiano gli equilibri territoriali dentro le specializzazioni distrettuali con Pordenone che diventa leader nel mobile sorpassando Udine. Turismo e eno-gastronomia sono importanti non solo per l'industria balneare ma perché annoverano eccellenze territoriali come Nonino e il distretto del San Daniele.

L'economia della cultura e la ricerca sono sempre più il campo entro cui le città medie friulane tentano di riposizionarsi; con modelli diversi.
Nella nordestina Pordenone si ripensa la città come smart city associando festival culturali a welfare e qualità della vita con un'industria culturale ormai arrivata all'8% del valore aggiunto e 13mila addetti. Con l'ansia però di una disoccupazione schizzata dal 3 al 7 per cento. Tra città e contado sono cresciuti filamenti di green economy: Pordenone è la quarta provincia italiana per quota di imprese che investono in tecnologie green (29,4%). Con le medie imprese friulane sull'asse manifatturiero tra Pordenone e Udine che nel decennio 2000-2009 hanno avuto performance superiori a quelle del resto del NordEst (+43,4 % il fatturato, +71,6 % le esportazioni e +20,8 % il valore aggiunto).

Anche la frattura storica tra Venezia Giulia e Friuli permane, ma sta mutando natura. Radicata nel sostrato storico-linguistico durante il ciclo del capitalismo molecolare era divenuta divisione tra un Friuli nordestino di piccola e media impresa e una Venezia Giulia fatta di grande impresa pubblica e finanza privata. Oggi questa distinzione esprime le differenti forme di sviluppo del capitalismo delle reti: nel friulano la partita è nel legame tra economia della conoscenza/cultura e capitalismo manifatturiero con il ruolo che la prima può giocare nella metamorfosi del secondo. A Trieste e Gorizia il tema è lo sviluppo contrastato della portualità in connessione con i Corridoi europei Nord-Sud e in concorrenza con i porti cugini sloveni e croati; la crescita di un polo internazionale di ricerca come Area Science Park e la tenuta di un tessuto sociale sedimento storico di una borghesia manageriale e di ceti tecnici legati alla grande impresa oggi assottigliati ma comunque importanti. La piattaforma produttiva della pedemontana veneta qui si fa geocomunità verso Est, lo spazio da percorrere nella globalizzazione a medio raggio.

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