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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 13:44.

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Presidio diretto dei mercati mondiali. Non è una formula magica ma è la ricetta attraverso la quale le grandi e medie imprese manifatturiere del Friuli-Venezia Giulia – dalla meccanica pesante e di precisione al tessile, dal complemento d'arredo al mobile, dal bianco a rubinetteria e sanitari - riescono ad affrontare la crisi e a competere sulle piazze internazionali.

A spiegare la ricetta – fatta di ingredienti elaborati come ricerca, formazione e innovazione – non poteva che essere Alessandro Calligaris, presidente regionale di Confindustria e a capo di un gruppo che partito nel 1923 da Manzano (Udine), capitale del distretto della sedia, è arrivato a mettere radici ovunque. Oggi il gruppo – che ha chiuso il 2010 con ricavi per 141,7 milioni di euro e un utile di oltre 3 milioni – è una multinazionale che conta Calligaris D.o.o. in Croazia (produzione del legno) Calligaris Usa e Calligaris Japan che sovrintendono il mercato nord americano e quello asiatico.

«Il nostro successo paragonabile a molti altri in questa regione – spiega Calligaris nel suo impianto a pochi chilometri da Buttrio, dove ha sede un altro colosso, Danieli, tra i maggiori fornitori nel mondo di impianti e attrezzature per l'industria dei metalli il cui sito, tanto per intenderci sul concetto di internazionalizzazione, è solo in inglese e cinese – è stata la presenza diretta nelle piazze estere, l'identità del marchio senza dover più passare per i grandi esportatori o le grandi catene commerciali. Tutto questo avviene grazie al genio italiano, un passpartout in tutti i mercati. Oggi i gusti si stanno uniformando e il made in Italy è in grado di soddisfare qualunque esigenza».

Da solo, questo, non basta e infatti gli altri ingredienti – ricerca, formazione e innovazione – sono stati tutti messi nel piatto. «Una volta – spiega Calligaris prendendo come esempio i propri prodotti – le sedie erano solo in legno. Oggi, come può vedere, abbiamo tessuti, plastica, vetro, metallo». Chi, nella filiera di Manzano come negli altri distretti del Nord Est, ha saputo reggere il passo dei tempi e adeguarsi è dentro. Chi non ce l'ha fatta è fuori. Chi ha saputo aggregarsi ad altri e ha ricapitalizzato le aziende sopravvive o vive, gli altri stentano o agonizzano. Una sorta di selezione naturale della specie che comunque preoccupa Calligaris. «Molte imprese manifatturiere – spiega – hanno fatto ricorso alla cassa integrazione o a strumenti di flessibilità. Quando saranno terminati, il tessuto imprenditoriale dovrà essere pronto a ripartire come avvenne nel '76, quando il terremoto non fece solo vittime e disastri ma diede la scossa per mostrare al mondo il nostro valore».

L'identità del marchio, la presenza fisica sulla scena internazionale delle grandi e medie imprese friulane, venete e giuliane sono risposte obbligate anche a fronte delle gravi deficienze strutturali italiane che spingono molti imprenditori dell'area a guardare oltreconfine. «La delocalizzazione – spiega Calligaris – qui non ha attecchito molto, casomai siamo andati a stringere accordi o a impiantare secondi o terzi stabilimenti per fornire e servire sul posto i nuovi mercati. La vera competizione ce l'abbiamo in casa con una forte burocrazia, credito a breve impossibile, costo dell'energia elevatissimo e fiscalità omogenea. Per questo non è facile resistere quando Paesi come Slovenia, Austria, Svizzera e persino la Francia ti martellano con un marketing asfissiante per farti cedere alle loro lusinghe».

E una Regione a statuto speciale cosa fa per aiutare chi vuole continuare a fare impresa? «Stiamo lavorando su tre macrofiloni – afferma l'assessore alle Attività produttive Federica Seganti – che sono accesso al credito per mantenere le pmi in vita, internazionalizzazione diretta e indiretta, con il piano triennale 2012/2014 e innovazione. Per l'accesso al credito abbiamo un fondo pubblico regionale in cogaranzia con i Congafi, oltre ai fondi di rotazione, con i quali dal 2009 sono stati erogati circa 600 milioni».

Quando si muove "pesantemente", la Regione lo fa per "pezzi di storia", come è accaduto il 16 aprile con la sigla del protocollo per il rilancio dello stabilimento Ideal standard di Orcenico di Zoppola (Pordenone). Le linee guida prevedono l'avvio di interventi di natura industriale, fiscale, riduzione del costo del lavoro, formazione e sostegno al reddito. Bel colpo ma con un contraccolpo: Veneto e Lazio (la multinazionale ha stabilimenti anche a Trichiana nel bellunese e Roccasecca nel frusinate) si sentono "spiazzate" da un'autonomia che altera gli equilibri.

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