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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2012 alle ore 06:59.
Le grandi fiere italiane archiviano un 2011 in chiaroscuro mentre l'anno in corso presenta le stesse incognite dell'economia italiana: chi ha le spalle larghe punta a diversificare sui mercati emergenti, anche esportando le manifestazioni di punta. Diversificazione che per alcunicentri significa anche ospitare concerti rock. Nei bilanci chiusi l'anno scorso e nei preconsuntivi tengono i ricavi dei quartieri Top 8 con redditività in lenta risalita, anche se a fronte di un calo della superficie espositiva venduta e degli espositori; di buon livello, invece, le performance degli eventi mondiali, quelli in champions league, con Cersaie, Cosmoprof, i Saloni di Milano e Vinitaly, che consolidano o mantengono i risultati storici. Perdono, però, terreno il Salone nautico di Genova, -25% della superficie in quattro anni, che sconta la crisi profonda del settore, e il Mido, la mostra dell'ottica milanese, che ha perso il 21% dei metri quadrati.
Tra i top player, secondo le rilevazioni di Edifis intelligence, Milano e Verona mantengono, a calendario costante, ricavi e redditività. In risalita il risultato di gruppo di Bologna. Parma consolida la sua nicchia di mercato. Arretra Rimini, con ricavi e Mol in calo, e Genova si tiene a galla come può, mentre Roma registra il quarto anno consecutivo di perdite. «Il sistema fieristico italiano – osserva Michele Perini, presidente appena confermato di Fiera Milano – è destinato a soffrire come le imprese: nel Milanese ne sono fallite 17mila e purtroppo la pressione fiscale soffoca la crescita». «Le superfici vendute in Europa sono dovunque in calo – osserva Gian Domenico Auricchio, presidente di Comitato fiere industria (la cui Giunta ha ieri prorogato per un anno le cariche sociali) – e quindi anche in Italia, da almeno quattro anni. Che fare? Bisogna fare sistema, quindi riformare la legge 117 che assegna alle Regioni la regolazione fieristica e impedire ai quartieri di clonare eventi che non hanno seguito e creano disorientamento nei buyer. Il risultato è che ci sono Fiere in difficoltà e che non riusciranno ad ammortizzare i nuovi spazi nemmeno in 30 anni. Un flop». Negli ultimi anni, i quartieri hanno reagito alla recessione tagliando i costi di struttura e varando politiche commerciali flessibili, a volte con tagli vistosi dei prezzi.
La crisi ha anche rilanciato i giri di valzer degli organizzatori di fiere con i quartieri: recentemente Solarexpo è emigrata da Verona a Milano, Made in Steel da Brescia nel capoluogo meneghino, la mostra del ciclo ha lasciato la Madonnina per trasferirsi nella città dell'Arena, le fiere specializzate Metal-Foundeq e Metalriciclo hanno preferito Verona a Montichiari, Dolce Italia ha lasciato Cibus per Tuttofood. Un vicolo cieco si è, invece, rivelata la moltiplicazione degli eventi: negli ultimi quatto anni e mezzo, su 86 nuove mostre lanciate dalle otto grandi fiere tricolori ben 85 hanno cessato, sono state trasferite o addirittura sospese prima che iniziassero.
I miglioramenti indotti dalle ristrutturazione sono indubbi. «Negli ultimi tre anni – aggiunge Perini – abbiamo ripensato Fiera Milano attraverso il contenimento strutturale dei costi, una maggiore efficienza organizzativa e un miglior indirizzo strategico che passa attraverso l'internazionalizzazione, un driver di crescita che quest'anno ci consentirà di promuoverà 38 eventi all'estero». Insomma, Milano è ormai diventata una piattaforma multinazionale. Anche se da quest'anno dovrà fare a meno dei 40 milioni di "aiuti" agli espositori elargiti da Fondazione Fiera. Diversa la storia di Verona, ma identici i pericoli che derivano dalla congiuntura.
«Veronafiere è un'eccellenza – interviene Giovanni Mantovani, direttore generale dell'ente scaligero – e gli importanti sforzi fatti sul fronte dell'internazionalizzazione e dell'innovazione ci offrono buone prospettive anche per il 2012. Tuttavia questo non basta: le nostre manifestazioni coprono settori anticiclici, ma i cambi di scenario sono così repentini da influire sulle scelte dei nostri clienti e ricadere su di noi». Verona è impegnata a diffondere all'estero alcune manifestazioni di punta, da Marmomacc a Vinitaly. E l'accordo in Brasile, dato per certo lo scorso dicembre? «Le trattative procedono – conclude Mantovani – tanto che anche questa settimana incontreremo la controparte. Lavoriamo con determinazione ma si tratta di un accordo internazionale e pertanto soggetto a molte variabili. Dovremo attendere qualche tempo per avere maggiore visibilità su tempi e modalità dell'intesa».
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