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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2012 alle ore 18:21.
«Senza il Politecnico di Milano? Semplicemente non avremmo potuto realizzarlo». L'oggetto che Daniele Bonacini ci mostra è una protesi in fibra di carbonio, frutto di anni di lavoro e ora perno principale della sua azienda. Sugli scaffali, alla Roadrunnerfoot Engineering, periferia ovest di Milano, i piedi artificiali sono numerati e allineati, pronti per essere spediti in tutto il mondo. «Non per scelta – spiega il fondatore – quanto piuttosto perché in Italia lavorare con il sistema sanitario è un disastro: il nostro export vale ora quasi il 95%».
Impasse nazionale che tuttavia non ha mai fermato l'azienda, partita all'interno del Politecnico di Milano quando Bonacini, nel 2005, inizia il dottorato di ricerca. A spingerlo in questa direzione è l'esperienza diretta, un incidente d'auto del 1993 che lo costringe a subire un'amputazione sotto al ginocchio, trauma che da allora è diventato però uno stimolo in più nella vita e nel lavoro.
Bonacini si riprende, inizia a correre e partecipa alle Paralimpiadi. Ad Atene, nel 2004, riesce a vedere in pochi giorni il ventaglio delle tecnologie disponibili in tutto il mondo e i tipi di protesi applicati ai giovani. Tornato a Milano, decide di produrre arti artificiali, entrando in collaborazione con il Politecnico. «Il loro supporto è stato determinante – racconta – perché per me sarebbe stato impensabile poter acquistare gli strumenti di misurazione, i software di simulazione, i microscopi per studiare i materiali». Nel 2007 l'azienda si "affranca" dal Politecnico di Milano e inizia la propria vita autonoma, passando i primi anni ad elaborare i brevetti e a creare gli stampi per produrre piedi in carbonio. «L'approccio è stato strettamente tecnologico – spiega – con misurazioni quantitative per simulare il comportamento del piede normale e verificare le risposte dei nostri prodotti, cambiando disegno, progetto e materiali fino a trovare le soluzioni migliori a prezzi accessibili». Con l'aiuto di investitori privati trova le risorse per produrre i primi stampi e progressivamente allarga la base di prodotti: ora dispone di quattro modelli "normali" e di uno da corsa, protetti da brevetti internazionali o italiani.
Il prodotto funziona e la società riesce a raddoppiare progressivamente il fatturato, passando dai 300mila euro del 2010 ai 6-700mila stimati per quest'anno, con prospettive di ulteriore crescita. «Ora siamo in sette – spiega Bonacini – ma a breve inseriremo un tesista del Politecnico, un addetto commerciale per i Paesi di lingua spagnola e un magazziniere».
Tre assunzioni che paiono piccola cosa ma che ampliano del 40% l'organico, di questi tempi una vera rarità. L'azienda è in piena corsa, allarga la produzione inserendo ginocchi, tutori e carrozzine, utilizza fornitori della Ferrari per produrre il carbonio o per verniciarlo, immagina nuovi sviluppi all'estero grazie anche alla vittoria di alcuni bandi di gara, come è accaduto in Libia, per 100 protesi aggiudicate attraverso la Farnesina. «E meno male che c'è l'estero – sospira Bonacini –, dovendo contare sul mercato italiano saremmo già falliti».
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