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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2012 alle ore 07:57.

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Al di là delle divisioni, comunque, nel 2007 le aziende appartenenti al distretto erano ben 43 (una trentina delle quali con meno di dieci dipendenti ciascuna), che davano lavoro a 270 persone e raggiungevano un fatturato complessivo di 60 milioni. Di queste aziende, il 70% era dedito all'estrazione e lavorazione dell'ardesia, il 30% alla sola lavorazione. Le imprese più piccole erano la maggioranza di quelle impegnate sul mercato dell'edilizia tradizionale ligure; le più grandi, invece, operavano sul mercato dei biliardi.

Le aziende liguri, inoltre, avevano la leadership assoluta negli scambi internazionali, con il 100% dell'export italiano di ardesia coperto dalle pietre lavorate nel distretto, le cui attività principali erano rivolte alla promozione dell'internazionalizzazione, all'innovazione di prodotto e alla realizzazione e registrazione del marchio di origine e qualità "Ardesia ligure". Un brand, con tanto di consorzio di tutela, che, però, non è mai decollato, complice la crisi scoppiata nel 2008, prima negli Usa – il mercato di riferimento del distretto – e poi in tutto il mondo.
«Da quasi due anni – afferma Franca Garbarino, a lungo presidente del distretto e alla guida del gruppo territoriale del Tigullio di Confidustria Genova – il distretto non fa più attività. Eravamo uno dei più attivi in Liguria ma se, un tempo, i volumi di lavoro erano 100, ora sono dieci. Da industriali siamo tornati a essere artigiani».

E mentre molte aziende italiane, per fronteggiare la crisi, si sono rivolte al l'export, la lavorazione dell'ardesia ha subìto un percorso completamente inverso. «Non riusciamo più – prosegue la Garbarino – a fare quello che facevamo un tempo. Ormai le nostre esportazioni sono pari a zero. La crisi dei subprime negli Usa ha dato il colpo di grazia al settore, che già subiva la concorrenza, sempre più serrata, di brasiliani e cinesi. Oggi tutte le aziende del distretto cercano di sopravvivere». Quando ci riescono, però. Perché Tiziano Roncone, segretario generale della Cisl Tigullio, che si è occupato a lungo del distretto, disegna un quadro ancora più fosco. E mette in risalto come, nel mancato successo del polo degli ardesiaci, abbia giocato un ruolo precipuo anche una componente diversa dagli effetti della crisi globale: la scarsa propensione delle aziende liguri, a dispetto del distretto, a misurarsi su progetti comuni.

«Delle oltre 40 imprese, per lo più di carattere familiare, che formavano il distretto – afferma il sindacalista – ne sono rimaste attive pochissime (non più di dieci, testimoniano gli operatori, ndr). Dei 270 addetti di un tempo resteranno 80-100 persone. E il fatturato complessivo delle aziende ancora in vita non va oltre i 5 milioni». Numeri che danno l'impressione netta del tracollo. «Una crisi rabbiosa ha colpito il comparto – prosegue Roncone – sferzando imprese che, pur esportando negli Usa, non avevano strutture aziendali composite e non sono riuscite neppure a consorziarsi. Il distretto ha cercato di introdurre il marchio e una sorta di denominazione di origine protetta. L'obiettivo era proprio quello di formare consorzi e fare ricerca insieme. A mio parere, era l'unica via per sopravvivere, anche se non avrebbe potuto salvare il mercato. Nelle aziende, però, ha prevalso la volontà di andare avanti da sole. Oggi, come ho detto, gran parte delle aziende ha chiuso i battenti e tra quelle aperte, che vivacchiano offrendo il prodotto a prezzi stracciati, alcune hanno attivato la cassa integrazione. La Fontanabuona oggi appare come una valle che ha chiuso i battenti».

Tutto questo a dispetto del fatto che l'ardesia estratta dalle cave della valle è ancora una delle migliori al mondo, mentre i timori dell'esaurimento dei filoni, che in passato hanno assillato gli abitanti della zona, sono stati scalzati dalla triste consapevolezza che i mutamenti e i rovesci del mercato talora hanno ben più repentina incisività che non il corso della natura.
IL RATING DEL SOLE
-Il punteggio
Attraverso una griglia di 12 variabili ciascun distretto è definito nei suoi punti di forza e di debolezza. L'ardesia ligure cerca di resistere grazie alla produzione di qualità e alla dimensione artigianale,
ma paga l'incapacità di fronteggiare la concorrenza low cost degli emergenti e la scarsa innovazione

PUNTI DI DEBOLEZZA
1
ANTIDOTI ALLA CONCORRENZA SLEALE
Con il processo di globalizzazione,gli ardesiaci liguri non sono stati in gradodi contrastare l'arrivo sul mercato di concorrenti con prodotti peggiori,ma a prezzi più bassi, e capaci anche di attuare politiche di dumping

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