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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2012 alle ore 08:31.

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Impossibile pensare oggi ad un commendator Bertolini che dà la spinta ad un giovane Cesare Martinoli che – grazie a quell'aiuto – mise in piedi un'azienda gioiello e fu tra i primi – negli anni Cinquanta – a produrre scarpe con tacchi a spillo e ad esportare negli Stati Uniti.

L'alta qualità e la gamma altissima contagiano ormai tutta la filiera incapace – a oggi – di partorire una scuola di formazione anche se, come dice Martinoli, «avanza l'idea di un polo tecnologico che inglobi anche Cimac a Itia-Cnr». Sarà anche che il futuro è la formazione in un polo tecnologico ma Boccanera commenta amaramente: «Abbiamo e avremo anche le competenze necessarie per riuscire a trasmetterle ma poi mi domando: a chi?». Il futuro sarà la formazione in un polo tecnologico ma intanto, come ricorda Gallonetto, «cerchiamo di fare emergere e far conoscere nel mondo le nostre produzioni di qualità».
La qualità e l'attaccamento all'azienda – per chi è sopravvissuto alle intemperie e alle turbolenze dei mercati globalizzati – qui sono chiodi fissi. Maria Liboi, socia al 25% dell'azienda di famiglia Novaelle srl, a fine 2010 fatturava 271mila euro ma l'utile era di appena 5.457 euro.

Negli anni d'oro tutto ok ma poi, come tutti quelli ora sul mercato, «abbiamo messo i nostri soldi in azienda per mandarla avanti» dice l'"anima" di questa azienda artigianale che vende alle imprese vigevanesi che esportano le proprie tomaie di altissima qualità. Ed è proprio in questa imprenditrice che manda avanti con mille sacrifici l'azienda che si rispecchia il futuro di questo distretto. «C'è un ritorno all'acquisto del made in Italy – spiega – anche nel nostro Paese. La grande catena Pittarello, ad esempio, dal nostro cliente vigevanese al quale forniamo le tomaie, quest'anno ha preso centinaia di migliaia di scarpe».
Non sarà una formula magica ma unire qualità e giusto prezzo nel mercato domestico – oltre ai fasti delle piazze internazionali – è senza dubbio la sfida del distretto (meglio: di ciò che resta) nei prossimi anni.

IL RATING DEL SOLE
Il punteggio
Attraverso una griglia di 12 variabili ciascun distretto è definito nei suoi punti di forza e di debolezza. Il distretto è gravato da un costo del lavoro elevato e da un deficit infrastrutturale mai colmato. Le aziende riescono però a compensare con grandi capacità innovative e produttive
IL GIUDIZIO
-
PUNTI DI FORZA
1
INNOVAZIONE
Le imprese industriali ed artigianali del distretto di Vigevano sono in grado di tenere il passo con il tempo. Non soltanto nel mercato domestico, ma anche e soprattutto nelle piazze internazionali dove il gusto italiano riesce a imporsi senza per questo svilire usi e tradizioni dei Paesi che importano le scarpe prodotte nel territorio pavese. Un esempio classico è la disponibilità dei Paesi appartenenti all'ex Unione Sovietica a importare le calzature di lusso.
ALTA
-
2
PRODUTTIVITÀ
La filiera è in grado di produrre "pezzi" di qualità eccelsa che ha pochissimi rivali (e oltretutto in Italia). Tutto questo nonostante si lamenti la mancanza di una scuola di formazione (soltanto in quest'ultimo periodo amministratori pubblici e imprenditori stanno valutando l'ipotesi di un polo tecnologico di innovazione). Per fortuna le fabbriche sono in grado di formare addetti e operai in grado di soddisfare in qualunque momento ogni esigenza dei clienti.
BUONA
-
3
DIMENSIONI D'IMPRESA
Moreschi a parte – che occupa circa il 50% degli addetti del comparto calzaturiero industriale – le imprese vigevanesi sono di media dimensione o di livello artigianale. Questo permette – nel momento in cui la crisi globale morde – di mantenere le posizioni e cercare di sostenere anche i livelli occupazionali. Soprattutto quando – come nel caso vigevanese – esistono alcuni brand che danno visibilità alla filiera.
DISCRETA
-
PUNTI DI DEBOLEZZA
1
ANTIDOTI ALLA CONCORRENZA SLEALE
Il distretto calzaturiero di Vigevano soffre la concorrenza cinese. Nono soltanto quella oltreconfine, che nasce prorio nei confini patrii del gigante asiatico, ma anche quella che lentamente si sta sviluppando all'interno dello stesso distretto.
Laggiù le aziende producono a ritmi irraggiungibili e con un costo del lavoro estremamente basso, qui – invece – iniziano a occupare gli spazi lasciati negli anni dagli imprenditori locali fornendo prodotti di fascia bassissima e al di fuori da ogni regola.
INSUFFICIENTE
-
2
ATTRATTIVITÀ
Il distretto di Vigevano appare poco appetibile per chi volesse trasferire qui competenze e conoscenze. E non tanto perché manchino strutture altamente qualificate (come Cimac e Itai Cnr) in grado di accompagnare le aziende, ma soprattutto perché le infrastrutture viarie (strade e ferrovie) lasciano molto a desiderare.
Inoltre, soltanto adesso la politica locale sta pensando alla realizzazione di un polo tecnologico dell'innovazione.
SCARSA
-
3
COSTO DEL LAVORO
Il costo del lavoro appare una variabile "impazzita". Gli imprenditori
sono disponibilissimi a pagare bene le professionalità di livello, ma chiedono libertà in ingresso e in uscita soprattutto nei momenti in cui bisogna far fronte ai picchi di produzione o alle depressioni economico-produttive. Oltretutto il costo del lavoro non ha paragoni con il concorrente diretto: i Paesi asiatici.
BASSA

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