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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2012 alle ore 08:42.

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Fino a pochi mesi fa la commistione si poteva addirittura toccare con mano, visto che i camion provenienti dalle cave di Carrara e diretti a valle erano obbligati a passare nel centro storico della cittadina (65mila abitanti), culla del pensiero anarchico, col loro carico di polvere e rumore. In aprile è finalmente entrata in funzione l'attesa "strada dei marmi", 5,6 km in gran parte in galleria, realizzata dalla società comunale Progetto Carrara. Ma la strada, costata 142 milioni di euro, ha pesato sulle casse comunali al punto che l'Amministrazione è tornata a bussare alla porta delle imprese estrattive (il 20% sono cooperative), riaprendo il dossier della "tassa marmo" che, secondo gli accordi, era destinato a rimanere chiuso fino al 2015.

L'idea, per nulla originale, è quella di aumentare il canone applicato a chi estrae materiali – già cresciuto del 235% dal 2003 a oggi –, ipotesi che ha scatenato una scia di proteste, ricorsi al Tar, arbitrati. La revisione della tassa marmo va di pari passo a un'altra azione che il Comune di Carrara ha in mente e che per ora rimane sullo sfondo: quella del riordino dei bacini marmiferi, da cui ogni anno si estrae circa 1 milione di tonnellate di blocchi, con una stabilità produttiva che è vista come un buon segnale dal punto di vista ambientale.

Ma il buon segnale è anche il rinnovato interesse per il marmo bianco di Carrara, tornato ad attirare architetti e progettisti. Ne sanno qualcosa aziende leader come Savema, Henraux, Furrer e come la Campolonghi di Vando D'Angiolo, riconosciuto capitano d'industria del distretto, 80 anni appena compiuti (con festa a sorpresa organizzata dai 200 dipendenti), che ha guidato l'evoluzione della sua azienda, 60 milioni di ricavi 2011 per l'80% dall'export, da specialista nella lavorazione del granito ("siamo arrivati ad avere 66 telai per il taglio") a trasformatrice-fornitrice di marmi e pietre per edifici prestigiosi come l'Opera House di Oslo, il Potsdamer Platz di Berlino, il municipio di Tokio, grattacieli di ogni foggia in Usa e Medio Oriente.

E dopo aver comprato il 50% di due cave e essersi assicurato parte della materia prima lavorata, oggi può dire: «È davvero un momento felice per il marmo bianco di Carrara, abbiamo un carnet di ordini come mai prima d'ora». E ancora: «Siamo convinti che bisogna cavalcare il segmento del lusso, e che il cuore dei progetti particolari resterà sempre qui». Eccola, la carta nascosta del distretto di Carrara: si chiama lusso e promette di assomigliare molto a quello che impazza nel mondo della moda. A patto che la materia prima – cioè il famoso marmo bianco – duri in eterno. Il dubbio, tra il Tirreno e le Apuane, non aleggia neppure: «Se lei portasse una mucca in riva al mare e quell'acqua fosse potabile – provoca il decano Barattini – crede che la mucca ce la farebbe a berla tutta?

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