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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2012 alle ore 16:48.

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Cassinetta di Lugagnano (Mi) è stato uno dei primi Comuni lombardi nel 2007 ad attuare concretamente una pianificazione edilizia a consumo zero. Per raggiungere l'obiettivo i dispositivi urbanistici utilizzati sono diversi: analisi demografiche, compensazioni, incentivi, saturazione del tessuto consolidato e così via. Da allora l'urbanistica «a crescita zero» si è diffusa tra i Comuni minori (oltre 70 le adesioni), grazie alla campagna «Salviamo il paesaggio» (Cuboimages)Cassinetta di Lugagnano (Mi) è stato uno dei primi Comuni lombardi nel 2007 ad attuare concretamente una pianificazione edilizia a consumo zero. Per raggiungere l'obiettivo i dispositivi urbanistici utilizzati sono diversi: analisi demografiche, compensazioni, incentivi, saturazione del tessuto consolidato e così via. Da allora l'urbanistica «a crescita zero» si è diffusa tra i Comuni minori (oltre 70 le adesioni), grazie alla campagna «Salviamo il paesaggio» (Cuboimages)

Negli ultimi due anni la Provincia di Monza e Brianza non ha avuto indugi nel ricorrere al Tar e al Consiglio di Stato contro decisioni di Comuni che consentivano di destinare superfici non urbanizzate ad attività produttive. Oggetti della contesa, per esempio, sono stati un insediamento da 47mila mq a Usmate Velate e uno da 123mila mq a Roncello.

«Non vogliamo che la Pedemontana si trasformi in una seconda Milano-Bergamo, con una fila ininterrotta di capannoni ai margini della strada. Proteggere gli ultimi scampoli di territorio non ancora urbanizzato è una missione alla quale non intendiamo rinunciare» ha dichiarato nel marzo 2011 il presidente della Provincia Dario Allevi (Pdl).
La Brianza operosa negli ultimi anni si è accorta di essere "a corto di territorio". Lo sviluppo economico ed edilizio ha portato a urbanizzare il 55% del suolo (dati del Centro di ricerca sui consumi di suolo fondato da Legambiente e Istituto nazionale di urbanistica), una delle percentuali più elevate a livello italiano. Da qui è nata la scelta dell'amministrazione provinciale di limitare l'ulteriore espansione, anche a suon di carte bollate.

La situazione di Monza è un caso limite, ma anche in altre province i dati sono preoccupanti. In quella di Milano tra il 1999 e il 2009 si sono consumati 20mila mq di terreno agricolo al giorno e le aree urbanizzate sono il 40,6% del totale. La verde provincia di Lodi (12,6% di territorio urbanizzato), invece, dove nel recente passato si è molto sviluppata l'attività logistica, a fine 2010 ha messo a punto delle «linee guida per il governo delle aree produttive» con l'obiettivo di mettere un freno al consumo di suolo determinato da attività produttive che non creano occupazione stabile. Prescrizioni che - fanno sapere dall'amministrazione - non sono state applicate in quanto la crisi ha bloccato gli investimenti.

La Regione dal canto suo (l'urbanizzazione complessiva in Lombardia è al 14%) ha preso l'impegno di introdurre dal 2013 delle norme specifiche sul risparmio di suolo, consapevole però che si deve riuscire a far coesistere sviluppo economico e tutela del territorio. «Non sarà più possibile – afferma Daniele Belotti, assessore al Territorio e urbanistica della Regione Lombardia – consumare suolo se la tendenza demografica potrà essere assorbita dalle volumetrie esistenti, con il risultato che la scelta dovrà essere forzatamente indirizzata alla trasformazione di ciò che esiste». La via da seguire, secondo Belotti, è la sostituzione perché spesso costa meno abbattere edifici vecchi e realizzarne di più efficienti che ristrutturare. Ma con lo sviluppo edilizio e i relativi oneri di urbanizzazione le amministrazioni comunali hanno spesso salvato i bilanci e quindi potrebbero essere restie a seguire la via indicata dalla Regione. «Va precisato – prosegue però Belotti – che ai sensi della legge regionale 12/05 gli oneri di urbanizzazione non sono diversi per nuove costruzioni o demolizione e costruzione, ma evitando di consumare suolo le amministrazioni comunali non vedranno aumentati i pesi insediativi e quindi i costi dei servizi pubblici da garantire».

In realtà i Comuni hanno già a disposizione uno strumento creato dalla Regione per disincentivare il consumo di suolo, cioè il fondo per le aree verdi che prevede un contributo extra da 5 a 15 euro al metro quadro a carico di chi intende utilizzare nuovo terreno. Tuttavia, dal 2010, delle 519 amministrazioni obbligate a usare questo strumento finora solo tredici hanno già riversato nel fondo i contributi extra da utilizzare per attività di compensazione e, come ha ricordato di recente Dario Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, solo 178 hanno introdotto la maggiorazione. «I Comuni – osserva Alessandro Colucci, assessore ai Sistemi verdi e paesaggio della Regione Lombardia – hanno avuto bisogno di qualche tempo per capire a cosa servisse lo strumento, e ora si iniziano ad avere risposte positive. Una fiscalità locale che indirizzi le scelte degli operatori è uno degli obiettivi su cui la Regione sta lavorando per quanto possibile rispetto alle competenze di Comuni e Stato».

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